di Rocco Perrone*
Non è più tempo di tacere! Nel rispetto dei ruoli e delle istituzioni mi sono imposto finora di non entrare agonisticamente nella discussione che ha agitato in questi ultimi mesi (o anni) la politica regionale, pur avvertendola sempre più sterile, banalmente rissosa ed incomprensibile ai più; per tanti aspetti addirittura frustrante e mortificante per chi invece era realmente e totalmente impegnato a costruire un percorso di sviluppo per la propria comunità diverso da quello predestinato. Lontano ormai da anni dalla protezione (un tempo) o dalla gabbia (oggi) dei partiti (che pure avevo contribuito, con entusiasmo, a fondare), mi decido ad intervenire ora non per rivendicare presunti diritti acquisiti e nemmeno per sputare sentenze: non sono stato mai e non mi troverete in futuro fra la folla urlante “crucifige eum”, poiché il rispetto dell’uomo costituisce il fondamento delle relazioni civili e politiche. Sarà la storia (che non ha bisogno mai di ricorrere a menzogne!) a giudicare l’operato (e non solo degli ultimi anni) di noi tutti come classe dirigente di una regione che ha avuto risorse e tempo per costruire il proprio riscatto, che ha avuto l’opportunità e la responsabilità di offrire un futuro migliore alla propria gente. Un’occasione unica di essere, una volta tanto, madre e non matrigna per i propri figli! No! Scrivo per raccontare che, nonostante tutto, non mi rassegno e nessuno di noi (tutte le donne e gli uomini di “buona volontà”) ha il diritto di ab bandonarsi alla rassegnazione. Scrivo per dirvi che ho un sogno: che le donne e gli uomini di questa nostra terra prendano finalmente in mano il proprio destino e provino a modificarne la traiettoria verso un futuro più limpido e sereno di quanto oggi si possa prospettare; che tutti insieme provino a darsi un nuovo patto sociale e generazionale che sappia costruire nuove opportunità per le ragazze ed i ragazzi che crescono e studiano in questa nostra regione; che davvero insieme provino ad elaborare un progetto ambizioso che sappia costruire opportunità di lavoro e di vita per chi è qui e non vuole andare via e per chi, invece, in questa terra intravede un mondo migliore di quello che si è lasciato alle spalle. Se è vero che “non esiste un vento buono per il marinaio che non sa dove andare” allora noi abbiamo bisogno di un grande progetto per dare un senso ed una motivazione forte al nostro marinaio, ed abbiamo il dovere di costruirlo. Un progetto ambizioso che sappia dare strade nuove alla ricerca ed alla formazione, che sappia affrontare la scommessa della globalizzazione mettendo a valore le peculiarità di questo territorio in un mondo in cui la comunicazione avviene in tempo reale; che sappia costruire sulle proprie fragilità e criticità, in modo intelligente, resiliente, nuove ed importanti opportunità di studio e di lavoro. Un progetto ambizioso che sappia costruire, ad esempio, sulla difficile, problematica, conflittuale coesistenza fra salute, ambiente, paesaggio e coltivazione di idrocarburi una straordinaria occasione di ricerca e di elaborazione di modelli e sistemi che possano fare della nostra università e degli istituti di ricerca insistenti sul nostro territorio dei veri poli di attrazione internazionale per ricercatori di tutto il mondo. Un progetto ambizioso che sappia immaginare e realizzare, magari partendo proprio dalle risorse economiche rivenienti dalla coltivazione degli idrocarburi, una società civile (un sistema di erogazione di servizi ed un sistema di produzione di beni essenziali e non) autosufficiente dal punto di vista energetico ed ecosostenibile. Un sistema che rivoluzioni totalmente ed irreversibilmente la produzione di energia (utilizzando solo fonti rinnovabili!) e culturalmente l’approccio della nostra comunità al consumo di energia, sia in termini di attività produttive che di mobilità e riscaldamenti. Un progetto ambizioso che sappia costruire un modello avanzato ed efficiente di green economy, in cui le professionalità e le intelligenze dei nostri giovani vanno ad intercettare le legittime aspettative di risparmio economico ed ecosostenibilità delle nostre popolazioni. Un progetto ambizioso che sappia coniugare livelli alti di qualità della vita, di aspettative di salute, di qualità del cibo e dell’ambiente con costi economici, sociali ed ambientali più bassi, ribaltandone il paradosso. Le condizioni demografiche e la qualità del nostro territorio ci consentono di immaginare un modello sperimentale efficiente ed esportabile, soprattutto verso quei paesi che stanno avviandosi precipitosamente verso il progresso. Un progetto ambizioso che sappia coniugare nuovi modelli di agricoltura e zootecnia con la peculiarità, la genuinità ed il valore culturale, storico delle nostre produzioni, che son capaci di far riaffiorare una tradizione millenaria. Un progetto ambizioso che sappia mettere insieme tutto questo e l’unicità del paesaggio lucano (con i suoi boschi ed i suoi calanchi, le sue spiagge pulite e le sue montagne, le sue sorgenti e la ricchezza della sua biodiversità…), per offrire a visitatori competenti e rispettosi un territorio irripetibile ed irrinunciabile. Un progetto ambizioso che sia in grado di raccontare (oltre e non a valle di Matera 2019) un mondo che ha radici profonde (dalla Magna Grecia e gli Enotri ed i Lucani al mondo contadino magico di Levi e De Martino, dallo splendore medievale all’epopea delle emigrazioni) e che è in grado di affascinare esperti e turisti. Un progetto ambizioso che sappia dare alla nostra comunità un modello efficace di trattamento dei rifiuti che contempli in primo luogo un abbattimento sostanziale della produzione degli stessi mediante cambiamenti consapevoli e condivisi degli stili di vita delle nostre popolazioni ed un sistema di riciclo pressoché totale del residuo prodotto. Ancora una volta i numeri ci aiutano. È paradossale andare in crisi per lo smaltimento a fronte di una popolazione così esigua ed un’attività produttiva poco più che residuale. Un progetto ambizioso che sappia costruire sulle altre fragilità del nostro territorio (terremoti, frane, inondazioni, processi di desertificazione, ecc.) un ulteriore grande polo di ricerca e sperimentazione, capace di attrarre docenti e studenti di ogni parte. Un progetto ambizioso che sappia inventarsi nuovi lavori, che diano l’occasione ai meno fortunati di questa regione di valorizzarsi e rendersi utili ed autonomi economicamente e condividerla con altri sfortunati del mondo in cerca di una seconda opportunità di vita. Un progetto ambizioso che sappia costruire un sistema di welfare totalmente ed oggettivamente rivoluzionato dalla partecipazione reale delle donne e degli uomini di questa terra: gli unici che conoscono esigenze e priorità fra i servizi da erogare e sono coscienti che ogni risorsa sprecata è una risorsa sottratta a chi ne ha bisogno; gli unici che non hanno alcun timore nel resistere alle pressioni di lobby sempre più distanti dalle reali dinamiche sociosanitarie e nessuna remora (ed altrettante motivazioni forti) per resistere ai frequenti e ripetuti ricatti sulle dinamiche del lavoro. Un sistema di welfare che sappia realmente prendere in carico un cittadino portatore di un disagio (sia esso mentale, fisico o semplicemente sociale) trasformando la prospettiva in una risorsa in primo luogo per la famiglia e poi per la comunità prossimale che l’aiuta ad assorbire l’impatto socioeconomico. Un progetto ambizioso che sappia costruire un sistema sanitario costruito sulle reali esigenze della popolazione lucana e non sulla consistenza del personale sanitario a disposizione e delle strutture sanitarie esistenti. Un sistema sanitario che sia in grado di ridare dignità e professionalità alle centinaia di medici di medicina generale e pediatri di libera scelta che, quotidianamente, fra mille difficoltà logistiche ed amministrative, costituiscono la reale frontiera della sanità nel nostro territorio. Gli unici che, senza soluzione di continuità temporale (nei nostri piccoli comuni), sono in grado ancora di vedere il paziente e non pezzi di esso o malattie a compartimento stagno. Gli unici in grado di rapportarsi al sistema dell’emergenza-urgenza filtrandone in modo deontologicamente corretto l’accesso in una logica di razionalizzazione delle risorse, non solo in termini economici. Come? Intanto basterebbe liberarli da questa logica perversa di costringerli a fare i controllori di se stessi (per non essere il sistema in grado di controllare la spesa), con una serie di adempimenti inutili e logoranti, che complicano la vita a medici e pazienti; o di mortificarne la professionalità costringendoli a fare gli amanuensi di scelte terapeutiche altrui. Insomma riportandoli a fare i medici del territorio, liberando tempo prezioso e riscrivendo un patto di medicina preventiva che ridia nuova funzione ai loro ambulatori ed alla medicina domiciliare. Solo una vera rivoluzione culturale (in una piccola comunità come quella lucana che la rende possibile), che mette l’individuo sano al centro del sistema sanitario e socio-sanitario regionale, che prova a mettere in campo tutti i mezzi per non farlo ammalare, e quando si ammala ne prende in carico la persona ed il suo sistema di relazioni, indirizzandolo nel suo percorso senza perderlo mai e senza mai dargli la sensazione di abbandono al suo destino (o alle sue risorse socio-economiche!), può consentirci davvero di costruire un welfare efficiente e sostenibile. Vorrei poter dire, infine (insieme al poeta), con tutta la determinazione e l’ostinazione lucana: abbiamo un sogno che sonno non è.
*Sasso di Castalda