POTENZA – La misura era stata varata esattamente un anno fa. Una mossa con la quale la Regione Basilicata aveva deciso di correre ai ripari dopo le legittime proteste delle migliaia di famiglie lucane inizialmente escluse dal bonus gas (varato a Ferragosto 2022) perché non ancora raggiunte dalla rete del metano.
Con il bando per i non metanizzati la giunta Bardi, utilizzando i fondi provenienti dagli accordi con Eni e Shell sul fronte delle compensazioni ambientali, aveva dato il via libera al contributo a fondo perduto di importo variabile dai 5.000 ai 10.000 euro a seconda del tipo di impianto per l’acquisto e l’installazione di impianti di produzione di energia elettrica e/o termina alimentati da fonti rinnovabili e/o sistemi di accumulo di energia elettrica. Attraverso la quale i beneficiari della misura hanno diritto al consumo gratuito dell’energia elettrica prodotta attraverso gli impianti oggetto del contributo.
E di domande, ovviamente, ne sono arrivate a bizzeffe.
Qualcuno, però, in viale Verrastro deve aver fatto male i conti, dal momento che le coperture finanziarie della misura iniziano seriamente a vacillare. Al punto che la stessa Regione si è precipitosamente attivata per reperire i fondi aggiuntivi necessari alla prosecuzione del bando. Quantificati in circa 40 milioni di euro. Il problema è che i soldi individuati per “rifornire” la misura per i non metanizzati fanno sì parte dell’accordo con le compagnie petrolifere, ma andrebbero quasi a dimezzare il fondo di 100 milioni di euro dedicato esclusivamente a progetti di sviluppo e occupazione.
La Regione, infatti, vorrebbe attingere alle risorse individuate dal comma 2 dell’articolo 3 della delibera n. 357/2022 con la quale erano stati messi nero su bianco i nuovi accordi compensativi con Eni e Shell. Comma che recita testualmente: “Le misure compensative saranno volte a finanziare iniziative che, in una logica integrata delle fonti di finanziamento disponibili (fondi europei, risorse nazionali e regionali) le parti si impegnano a porre in essere, nel quadro di rispettiva fiducia e cooperazione nel rispetto della normativa nazionale e comunitaria, al fine di massimizzare lo sviluppo e l’occupazione sul territorio della Basilicata…”.
Di progetti in tal senso, ad oggi, neanche l’ombra.
E ora l’eventuale prosciugamento del fondo sarebbe l’ennesimo “scippo” ai sogni di tanti giovani lucani costretti a lasciare la propria amata terra per cercare fortuna altrove. Ma la strada verso il rifinanziamento del bando non metanizzati con risorse previste per il sostegno all’occupazione non è in discesa. La discutibile mossa della Regione ha, infatti, bisogno di un doppio via libera. Per niente scontato, anzi. La proposta di spostare i 40 milioni dal fondo occupazione deve prima superare il vaglio del Comitato Tecnico composto dalla stessa Regione e dalle compagnie petrolifere che dovrebbero dare il loro avallo all’intera operazione. Per poi passare all’attenzione anche di sindacati e parti datoriali. Un doppio sì che, per evidenti ragioni, appare molto complicato da portare a casa.
Come non bastasse, negli ultimi mesi i lucani metanizzati devono fare i conti con quel che resta del bonus gas.
Dalla cifra “zero” alla voce “molecola gas” delle bollette dello scorso anno termico, si è passati rapidamente a veri e propri salassi. Dove l’importo in bolletta del sussidio si è ormai ridotto a pochi centesimi. O al massimo pochi euro al giorno. E i lucani si chiedono: come è possibile? Perché il tanto pubblicizzato gas gratis si paga e pure tanto?
La spiegazione è semplice e articolata allo stesso tempo.
Per comprendere fino in fondo quello che sta succedendo dobbiamo fare un passo indietro. E tornare al varo del bonus gas, ovvero all’agosto del 2022. Misura che prevedeva lo sconto in bolletta del costo della “molecola gas”. Il gas, come tante altre materie prime, è però soggetto ad una fluttuazione continua delle quotazioni sul mercato. E all’epoca dell’introduzione del bonus gas, le quotazioni erano alle stelle a causa della crisi energetica innescata dalla guerra in Ucraina. Quel valore (individuato mensilmente dall’Arera, l’Autorità di regolazione per energia reti e ambiente) infatti, è passato da 1 euro e 20 centesimi al smc (standard metro cubo) di un anno e mezzo fa ai circa 33 centesimi attuali (valore di riferimento del mese di gennaio 2024).
Il graduale passaggio dal mercato tutelato a quello libero e la mancata o errata applicazione dello sconto in bolletta da parte di alcune società fornitrici ha fatto il resto. A fronte di tariffe nettamente differenziate a seconda del gestore (che arrivano in più di qualche caso a superare l’importo di 1 euro a smc, ovvero il triplo rispetto all’attuale costo “coperto” dal sussidio in bolletta), l’impatto del bonus regionale, ancorato alle attuali quotazioni, si è ridotto così al massimo a pochi euro al giorno. Riportando nelle case dei lucani bollette esorbitanti. Una serie di criticità che le associazione dei consumatori hanno più volte portato all’attenzione del governo regionale. Senza mai ricevere la dovuta attenzione.
Basti pensare alla decisione del governatore Vito Bardi e dell’assessore regionale all’Ambiente, Cosimo Latronico di disertare l’incontro convocato la scorsa settimana dall’Adoc per fornire risposte precise agli utenti sulle attuali modalità di erogazione del bonus gas.
Dopo essersi evidentemente accorta del “pasticcio”, la Regione ha convocato in fretta e furia le società di vendita, ancora una volta senza coinvolgere le associazioni dei consumatori, invitandole ad allineare il più possibile le proprie tariffe a quelle individuate mensilmente dall’Arera per garantire il massimo impatto dello sconto regionale in bolletta. In pratica è stato chiesto a società che sono legittimate a fissare il proprio prezzo sul mercato di abbassare le tariffe della componente gas per fare un favore alla Regione Basilicata. Tentativo con il quale per il consigliere regionale del Pd, Roberto Cifarelli, si è persa la decenza istituzionale.
Nel frattempo sui social si moltiplicano le segnalazioni da parte degli utenti, sempre più confusi e disorientati di fronte a quella che era stata presentata come una misura rivoluzionaria, al punto da meritare la ribalta mediatica nazionale. E che oggi si sta rivelando un vero e proprio boomerang per il governo regionale, all’affannosa ricerca di soluzioni.
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