Ex Fenice, il ministro Costa duro: “Altro affronto per questa terra”

MELFI- Il danno ambientale era stato già accertato nel 2009, nel corso degli anni la ”mancata bonifica” ha compromesso ulteriormente la situazione delle acque potabili creando un ”grave pericolo per la salute pubblica”. Sono queste le motivazioni alla base del sequestro degli impianti di messa in sicurezza e bonifica dello stabilimento ”Rendina Ambiente”, inceneritore di rifiuti speciali, pericolosi e non, che comunque continua a essere attivo nell’area industriale di San Nicola di Melfi. Una tesi, quella degli inquirenti, che l’azienda esclude ”nella maniera più assoluta: non c’è stata la compromissione delle acque potabili”. Il provvedimento di sequestro è stato deciso dal gip di Potenza su richiesta della Procura della Repubblica del capoluogo lucano che ha coordinato le indagini dei Carabinieri del Noe. Le analisi acquisite dagli investigatori hanno infatti fatto emergere ”l’ulteriore aggravamento della compromissione del bene ambientale”, ossia ”una diffusa e storica contaminazione delle falde acquifere sotterranee da inquinanti pericolosi e cancerogeni”. La Rendina, dal canto suo, ”attende fiduciosa l’avanzamento delle indagini: dimostreranno la piena regolarità del nostro operato che è sempre stato collaborativo. E’ bene sottolineare che – è scritto in una nota – tutte le procedure previste per la messa in atto della bonifica sono state seguite nel pieno rispetto della normativa”. E commenti arrivano anche dal ministro dell’Ambiente, Sergio Costa. ”Il territorio lucano – spiega – non merita questo ulteriore affronto, pertanto è doveroso il mio personale ringraziamento agli inquirenti che sono riusciti a fermare una ulteriore compromissione delle acque potabili, con grave pericolo per la salute pubblica”.

 

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