Iena 2, don Cozzi: “Forse ci diranno che anche nel Metapontino non era mafia”

POTENZA – Dei 243 anni di reclusione chiesti dal pubblico ministero Annagloria Piccininni poco più di un anno fa, ne sono stati inflitti appena 26 attraverso la condanna di due dei 27 imputati. Si è chiuso con una raffica di assoluzioni e prescrizioni il processo ”Iena 2”, riguardante le attività illecite della presunta associazione mafiosa capeggiata, secondo l’accusa, da Renato Martorano, considerato dagli inquirenti il massimo esponente della ’ndrangheta in Basilicata. Ma l’impianto accusatorio è crollato proprio dalla sua base: il tribunale non ha infatti riconosciuto l’aggravante mafiosa, riqualificando l’accusa per diversi imputati in associazione a delinquere semplice. «Il primo pensiero – spiega don Marcello Cozzi – è andato ad un pranzo in un ristorante di Potenza. Ai commensali, ai loro nomi, ai loro legami: dagli Albano-La Malfa ai Pesce, dagli Alvaro-Violi ai Macrì. Tutti calabresi: di san Ferdinando e Rosarno, di Sinopoli e Delianova, di San Procopio e Finitimi. Luoghi e nomi che da quelle parti la chiamano ’ndrangheta. Ma un pranzo insieme ad alcuni imprenditori, e ad amici potentini alcuni dei quali mafiosi con sentenza definitiva, non si nega a nessuno.

 

Approfondimenti sull’edizione cartacea de “La Nuova del Sud”