Il punto di vista di Nino Grasso – Altro che acqua gratis, Bardi scippa alle imprese lucane 10 milioni di euro a vantaggio di Eni e Shell

Il punto di vista di Nino Grasso
opo la denuncia del sindaco di Castelmezzano, Nicola Valluzzi, fatta nell'ultima assemblea di Acquedotto Lucano, sono venuti alla luce alcuni aspetti inquietanti del nuovo patto sottoscritto da Bardi con Eni e Shell.
Dopo la denuncia del sindaco di Castelmezzano, Nicola Valluzzi, fatta nell’ultima assemblea di Acquedotto Lucano, sono venuti alla luce alcuni aspetti inquietanti del nuovo patto sottoscritto da Bardi con Eni e Shell.

di Nino Grasso

Lo ricordavamo ieri l’altro, parlando del nuovo albero della cuccagna chiamato Acquedotto Lucano. Nel corso dell’ultima assemblea dei soci di AL Spa – la società a totale capitale pubblico trasformatasi all’improvviso in Babbo Natale, con pacchi dono da consegnare a oltre 70 mila famiglie lucane – il sindaco di Castelmezzano, Nicola Valluzzi, si è divertito – diciamo così – a fare le pulci all’accordo sottoscritto tra la giunta Bardi e le compagnie petrolifere Eni e Shell, contitolari della concessione petrolifera Val D’Agri.

Concessione scaduta a dicembre 2019.

E rinnovata per altri 10 anni, sino a tutto il 2029, dopo una lunga trattativa sulle compensazioni ambientali conclusasi il 15 giugno 2022 con la sottoscrizione, tra l’altro, di un accordo per la realizzazione di progetti di sviluppo dell’ordine di 95 milioni di euro per ciascuno dei due quinquenni di durata dell’autorizzazione. Progetti attestati per 45 milioni direttamente ad Eni e Shell o ad altre società dei rispettivi gruppi, con i restanti 50 milioni di euro da assegnare a soggetti individuati in sede locale dalla Regione Basilicata mediante bandi pubblici, nella speranza – in entrambi i casi – di veder nascere nuove attività imprenditoriali per placare la fame di lavoro: causa prima dello spopolamento nelle province di Potenza e Matera.

Va da sé che a fronte delle puntuali osservazioni fatte dal sindaco Valluzzi sui diversi aspetti dell’intesa tradita (a partire appunto dalla mancata realizzazione nel primo quinquennio di un qualunque progetto di sviluppo degno di questo nome), nessun componente dell’establishment regionale presente ai lavori dell’assemblea di AL Spa ha avvertito il bisogno di dare una risposta. Nessuno degli astanti si è sorpreso più di tanto, essendo ben noto agli amministratori locali che interloquire su temi di interesse collettivo con gli esponenti della giunta Bardi – e a maggior ragione con il governatore in persona, quando presente – significa sperimentare la frustrante esperienza di scontrarsi con un muro di gomma.

Domande tante. Risposte nessuna.

Proviamo quindi a riassumere, carte alla mano, ciò che il primo cittadino di Castelmezzano ha portato alla luce, fidando più su un moto di intima ribellione dei lucani, e dei sindaci che ne sono gli interpreti, piuttosto che su un’ansia di resipiscenza del generale Bardi e dell’intero stato maggiore presidenziale.
Partiamo dalla questione principale: la realizzazione dei 3 parchi fotovoltaici destinati a ridurre i costi di approvvigionamento energetico da parte di Acquedotto Lucano. Che è poi il solo «progetto di sviluppo» (se tale si può definire) messo in cantiere da Eni e Shell senza particolari sforzi creativi e con qualche ulteriore vantaggio indotto per le proprie aziende del settore, a fronte della vera sfida di dar vita a nuove industrie in grado di reggere negli anni la concorrenza dei mercati, tutelando i livelli occupazionali.

Come per i 200 milioni di euro del «bonus gas», la logica è sempre la stessa: regalare il pesce ai cittadini bisognosi, quale atto di benevolenza del potere.

Piuttosto che mettere le persone in difficoltà nelle condizioni di pescare da soli, recuperando, col lavoro, la dignità perduta. Questa miope visione politica – sicuramente poco faticosa e dai risultati apparentemente immediati – ha poco a che fare, come si intuisce, con la creazione di uno sviluppo duraturo, in grado di convincere le nuove generazioni a costruire il proprio futuro in Basilicata. Segnaliamo a tal proposito la domanda rivolta al presidente Bardi dal giovane Alessandro Bianchi, uno studente della quinta A del liceo scientifico “Dante Alighieri” di Matera, autore di una lettera aperta pubblicata ieri su questo giornale e su altri organi di stampa. «Ma veramente – ha chiesto Bianchi al governatore lucano – pensate di fermare lo spopolamento con un po’ di acqua gratis?». Non solo.

L’aspetto più inquietante dell’intera vicenda – aggiungiamo noi – è che Eni e Shell per realizzare i tre parchi fotovoltaici per conto di AL Spa e garantire 23 mesi di fornitura di gas ad un prezzo “calmierato” di 82 ero a megawatt, hanno previsto di spendere complessivamente 55 milioni di euro. Dieci in più dei 45 milioni che essi avrebbero dovuto investire (quale budget di propria competenza) per creare nuovi posti di lavoro. Come dire: invece di realizzare in Basilicata (buttiamo lì, a mo’ di esempio) una fabbrica per la produzione di pannelli fotovoltaici, così da venire incontro sia alle esigenze immediate di Acquedotto Lucano quanto alla domanda di nuova occupazione, le due compagnie petrolifere utilizzeranno le risorse delle compensazioni ambientali per ampliare le commesse di altre società dei propri gruppi dislocate in Italia. Se non all’estero.

Alla faccia del grande affare che in questi giorni Bardi e i suoi assessori ci hanno fatto credere di aver sottoscritto a beneficio delle famiglie lucane.

Quando si dice: prendere in giro la comunità amministrata. Per di più violando la legge, oltre che le stesse intese messe nero su bianco da Regione, Eni e Shell, dal momento che quei dieci milioni in più assegnati ai contitolari della concessione Val D’Agri saranno sottratti – come è evidente – ai «progetti di sviluppo» che la giunta regionale avrebbe dovuto promuovere in sede locale con regolari bandi pubblici. Bandi dei quali – così è scritto nell’accordo – «non potranno essere beneficiari i Contitolari e le società appartenenti ai rispettivi gruppi». Esattamente il contrario di ciò che accadrà.

Per di più a spese delle imprese lucane, che si vedranno sottrarre i 10 milioni “regalati” ad Eni e Shell dallo specifico fondo regionale ad essi dedicato.

Domanda: nulla hanno da dire, a proposito di questo “scippo”, i vertici di Confindustria Basilicata, in uno con quelli di Confapi, Cna, Confcooperative, e via discorrendo? Tra l’altro, evidenziamo che Eni, per tutelarsi da possibili controversie giudiziarie, ha voluto che si mettesse per iscritto la seguente clausola: «La Regione dichiara che per l’esecuzione delle attività indicate alla premessa 5) (i tre parchi fotovoltaici) non dovranno essere svolte procedure ad evidenza pubblica…». Affermazione quanto meno temeraria. Oltre che di discutibile legittimità. Tanto è vero che la stessa Compagnia del cane a sei zampe, avendo intuito di avere a che fare con interlocutori alquanto superficiali, si è premurata di far sottoscrivere a Vito Bardi l’ulteriore, seguente precisazione: «Nessun inadempimento al riguardo potrà essere imputato ai Contitolari che saranno tenuti indenni e manlevati dalla Regione, anche ai sensi di quanto previsto dall’articolo 3.4 dell’accordo progetti di sviluppo».

Per chiarire: l’articolo 3.4 è quello che disciplina l’utilizzo dei 50 milioni assegnati alla Regione. E che ovviamente – a termini di contratto – non potrebbero essere assegnati a cuor leggero (in tutto o in parte) ai Contitolari della concessione Val D’Agri o a società da essi controllate. Ai lettori (e non solo) le debite conclusioni. Con una sola domanda da parte nostra: possibile che nessuno si accorga che legalità e trasparenza sembrano essere degli inutili optional nelle stanze di via Verrastro?

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