Il punto di vista di Nino Grasso – Bardi sgamato sul deficit della sanità dopo aver accusato la sinistra di diffondere “fake news”

Il punto di vista di Nino Grasso
Dopo aver accusato la sinistra di diffondere "fake news", il presidente appena rieletto della Regione Basilicata, Vito Bardi è stato sgamato sul maxi-deficit di 74 milioni di euro della Sanità lucana
Dopo aver accusato la sinistra di diffondere “fake news”, il presidente appena rieletto della Regione Basilicata, Vito Bardi è stato sgamato sul maxi-deficit di 74 milioni di euro della Sanità lucana

Dopo essere stato «sgamato» ieri l’altro dalla “Nuova”, rispetto al maxi-deficit di 74 milioni di euro della Sanità lucana, ripianato in tutta fretta lo scorso 30 aprile grazie al buon cuore e ai provvidenziali 50 milioni di euro delle compagnie petrolifere, il presidente appena rieletto della Regione Basilicata, Vito Bardi, dovrebbe semplicemente nascondersi per la vergogna.

Fermo restando che in un Paese serio – e con una opinione pubblica meno rassegnata e indifferente a tutto – sarebbe doveroso attendersi delle scuse ufficiali. E forse anche qualche cosa di più. Da parte di un governatore che ha clamorosamente mentito agli elettori.

E che ad abundantiam, quattro giorni prima del voto del 21 e 22 aprile scorsi, ha ingiustamente infangato l’onorabilità dei propri avversari politici di centrosinistra. Attribuendo loro la volontà di diffondere le «solite fake news sulla sanità».

Mentre invece – come risulta dagli atti ufficiali – a raccontare fandonie sul proscenio nazionale è stato il generale Bardi in persona.

Il quale, in data 17 aprile 2024, utilizzando il canale comunicativo messogli a disposizione dall’agenzia “Askanews”, ha ufficialmente negato la presenza di buchi di bilancio nei conti delle aziende sanitarie lucane che stavano facendo correre il rischio di «commissariamento» da parte del governo nazionale. In particolare, Bardi ha negato in quella circostanza che Asp, Asm e Azienda ospedaliera “San Carlo” di Potenza avessero bisogno di altri 50 milioni di euro, da trovare urgentemente entro la fine del mese di aprile, per ripianare il deficit del 2023. Pur avendo già ricevuto, il 30 marzo scorso, ben 24 milioni di euro. Rivenienti dal Po-Fse 2016-2020.

Delibere alla mano, nel nostro «punto di vista» di lunedì scorso, abbiamo dimostrato come nella seduta di Giunta convocata otto giorni dopo il voto regionale, il presidente Bardi e i cinque assessori uscenti (tra cui tre “bocciati” dagli elettori: Fanelli, Sileo e Galella) abbiano autorizzato in tutta fretta una «variazione di bilancio» da parte del competente Ufficio Risorse Finanziarie della Regione per far dirottare su un capitolo di spesa gestito dal Dipartimento Sanità i fondi delle compensazioni ambientali di Eni e Shell.

Un’operazione alquanto ardita e dai dubbi profili di correttezza amministrativa che era esattamente quella paventata da Angelo Chiorazzo (Basilicata Casa Comune) qualche settimana prima del voto. E che era stata impropriamente bollata da Bardi come «fake news».

Stiamo parlando della medesima operazione che ha consentito al direttore generale Massimo Mancini di distribuire nel giro di poche ore, alle aziende sanitarie lucane (con l’unica esclusione del Crob di Rionero), i 50 milioni di euro messi a disposizione, ma versati solo in parte e per altri scopi, dalle multinazionali dell’oro nero.

Facciamo rilevare che la Dgr n. 353 che porta in calce la firma del dott. Mancini non è stata sottoscritta da nessun altro dipendente del Dipartimento Sanità, così come di norma dovrebbe avvenire. Questo significa – verrebbe da chiedersi – che il Dg in questione si è preso la briga di mettersi al computer e di stendere materialmente l’atto amministrativo sottoposto ad horas all’approvazione della giunta Bardi, subito dopo la «variazione di bilancio» operata dall’Ufficio Risorse Finanziarie?

Facciamo fatica a crederlo.

Piuttosto, è facile presumere che tanto l’istruttore del provvedimento, quanto il responsabile della relativa «posizione organizzativa», i cui nominativi dovrebbero sempre comparire negli appositi spazi della delibera (questa volta rimasti in bianco), si siano rifiutati di firmare la Dgr n. 353, dopo averla regolarmente “impacchettata” sulla base degli ordini impartiti da Massimo Mancini.

Diciamolo pure. Si è trattato di un comprensibile atto di auto-tutela da parte di due funzionari regionali, rispetto ad un atto amministrativo quanto meno «frettoloso» (e non aggiungiamo altro), che difficilmente, in altri tempi, e con direttori generali incardinati in pianta stabile nell’organico regionale, avrebbe visto la luce con altrettanta, sospetta sollecitudine. Il che spiega, tra l’altro, la ragione del continuo ricorso, da parte di Bardi e dei suoi assessori, a dirigenti generali “esterni” all’Amministrazione regionale. Interessati, a loro volta, ad acquisire titoli spendibili altrove in futuro.

Sarà uno spettacolo – ci chiediamo – al quale assisteremo anche nella nuova legislatura che sta per cominciare, subito dopo la proclamazione degli eletti prevista a giorni? Staremo a vedere.

Per intanto, a titolo di cronaca, portiamo a conoscenza dei lettori che i 50 milioni di euro distribuiti dal Dg Mancini con la determinazione dirigenziale n. 148 (datata sempre 30 aprile 2024), sono andati per oltre la metà all’Asp, che ha fatto la parte del leone, con poco più di 28 milioni di euro incamerati. Altri 14 milioni di euro sono stati invece assegnati all’Asm. E all’incirca 8 sono finiti nelle casse del “San Carlo”.

A questa montagna di soldi, vanno aggiunti, come detto, i 24 milioni di euro del Po-Fse 2016-2020, precedentemente distribuiti con la delibera di giunta n. 244 del 30 marzo 2024. In quel caso, 12 milioni di euro erano stati dirottati sul “San Carlo”. Con 7 milioni assegnati all’Azienda sanitaria di Potenza e 5 a quella di Matera.

In conclusione, il “buco” complessivo di 74 milioni di euro del 2023 va ascritto per 36 milioni all’Asp. E per 19 milioni ciascuno ad Asm e “San Carlo”.

Come si vede, sono cifre da record. Di cui possono andare fieri i tre direttori generali interessati. A partire dal vertice del maggiore ospedale regionale: l’ing. Giuseppe Spera. Il quale, a differenza dei “colleghi” Antonello Maraldo e Maurizio Friolo, porta per intero la responsabilità della gestione amministrativa riferita all’anno 2023. Al pari di quella del 2022, rivelatasi non meno “problematica” dell’ultima appena archiviata. A proposito: che ne è stata della «valutazione» sull’operato dell’ing. Spera che la giunta Bardi sarebbe stata tenuta a fare prima di riconfermarlo per altri due anni alla guida del “San Carlo”, sino a tutto il 2025? Se non ricordiamo male, il procuratore regionale della Corte dei Conti di Basilicata, Vittorio Raeli, aveva intravisto in questo ritardo un possibile «danno erariale».

Ma a quanto pare la cosa non pare riscuotere particolare interesse da parte di chi è stato appena riconfermato dagli elettori alla guida della Regione. Tanto a pagare i deficit della sanità di Basilicata saranno sempre, e soltanto, i lucani. Non chi ne dovrebbe rispondere in prima persona. Come Giuseppe Spera. E i suoi colleghi direttori generali.

Nino Grasso

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