di Nino Grasso
Una passerella elettorale dal modico costo – si fa per dire – di 47 mila euro. Iva inclusa. Con fattura emessa dalla società “InRete” di Milano, fondata e diretta da Simone Dattoli, un imprenditore politicamente vicino alla Lega di Matteo Salvini. Che dire? Se non che quei 47 mila euro, erogati a beneficio dei soliti amici degli amici del Nord, rappresentano l’ennesimo spreco di risorse pubbliche.
Tanti, tantissimi soldi buttati dalla finestra del Centro di riferimento oncologico della Basilicata per organizzare, questa mattina, a Rionero in Vulture, con buona pace degli ammalati di tumore in lista di attesa, il buffet di benvenuto in onore del vice premier, Antonio Tajani, e di altri tre ministri del governo Meloni precettati dai partiti di centrodestra in vista del voto del 21 e 22 aprile prossimi.
Il tutto, nel maldestro e scoperto tentativo di dare una mano, in piena campagna elettorale, in barba alle regole della «par condicio», al governatore uscente, Vito Bardi.
Lo stesso presidente di Regione che per cinque anni, con i suoi assessori, ha snobbato il “Crob”, penalizzando l’ospedale con la nomina di “manager” tra i peggiori che si possano ricordare. E che oggi, a mo’ di ulteriore sgarbo inferto alla pubblica decenza, si presenterà in pompa magna in viale Padre Pio a Rionero, con un corteo di auto ministeriali e un «parterre» ben pagato di professori universitari di fuori regione al seguito, per parlare, senza vergogna, di «ricerca e assistenza».
Quasi una provocazione. Se non un vero e proprio insulto a quanti operano all’interno di un Istituto di ricerca e cura a carattere scientifico – qual è appunto l’Irccs-Crob di Rionero – che da due anni è privo del direttore scientifico.
L’ultimo, il prof. Alessandro Sgambato, se ne è letteralmente scappato, è il caso di dire, a gambe levate, non potendone più della disastrosa gestione amministrativa affidata ai Bardi-boys venuti da altre regioni: l’ex direttore generale Gerardo Di Martino, prima, e l’ex commissaria straordinaria, Sabrina Pulvirenti, poi.
A proposito: che ne è del ricercatore di origini lucane, Giannicola Genovese, al momento impegnato nel Cancer Center di Houston in Texas e nominato a novembre scorso direttore scientifico del Centro di riferimento oncologico lucano? Come mai, a distanza di quasi cinque mesi dal conferimento dell’incarico affidatogli dal ministro della Salute, Orazio Schillaci, incarico accolto con la consueta enfasi esagerata dalla claque mediatica finanziata dal generale Bardi e dal suo ufficio stampa, il dott. Genovese non ha ancora preso servizio a Rionero?
Ci ha ripensato? O ci sono ragioni “tecniche” dietro questo ormai inspiegabile ritardo, delle quali – vogliamo sperare – ci parlerà stamane il ministro Schillaci nell’intervento in programma subito dopo quelli delle “colleghe” Anna Maria Bernini (Università) e Maria Elisabetta Alberti Casellati (Riforme istituzionali).
Ovviamente, prima delle conclusioni affidate al ministro degli Esteri, Antonio Tajani, seguiremo con particolare attenzione anche la comunicazione del direttore generale di Agenas, dott. Domenico Mantoan. Il quale, diciamo così, è una vecchia conoscenza dei lucani, avendo illustrato a suo tempo, in quarta commissione, il «piano sanitario» messo a punto da Agenas per conto della Regione Basilicata. Piano di cui si sono perse le tracce.
Al pari della «rete oncologica regionale», di cui il Crob avrebbe dovuto essere l’architrave.
E della quale, invece, non parla più nessuno. Diciamo meglio: rete oncologica finita in soffitta (almeno per quello che se ne sa) dopo essere stata platealmente osteggiata, in alcuni passaggi, dai vertici dell’ospedale “San Carlo” di Potenza e del “Madonna delle Grazie” di Matera.
Caso concreto: quando si è trattato di creare una “Sic” di Radioterapia – una Struttura interaziendale complessa da affidare, per quel che ne sappiamo, alla guida della dott. Grazia Lazzari, primario del Crob, in forza di due delibere della giunta regionale del 2015 e del 2021 – l’ing. Spera non ne ha voluto sapere. Il Dg del San Carlo si è messo di traverso.
E parliamo di un manager che ha chiuso gli ultimi bilanci in perdita. Non ha ridotto, come da obiettivo assegnatogli, le liste di attesa e meno che mai ha frenato l’emigrazione sanitaria. E il cui incarico, come è noto, è stato prorogato per altri due anni grazie ad una recente Dgr dalla giunta Bardi, pure in assenza di una doverosa valutazione di merito sui primi tre anni del mandato svolto dal 2020 al 2023.
Vicenda peraltro finita sotto i riflettori della Corte dei Conti di Basilicata, e del procuratore capo Vittorio Raeli, in particolare.
Aggiungiamo che quando alcuni interlocutori del Centro di riferimento oncologico di Rionero si sono recati in passato negli uffici del “San Carlo” per caldeggiare l’istituzione della struttura interaziendale di Radioterapia, il Dg dell’ospedale potentino li ha letteralmente messi alla porta. O almeno così ci è stato riferito. E conoscendo il modus operandi dell’ing. Spera non facciamo fatica a credere che egli possa aver detto: per me la “Sic” semplicemente non esiste. Risultato: la «rete» fondata su un «hub» (il Crob) e su due «spokes» (San Carlo e Asm) non è mai partita. Per cui non c’è da meravigliarsi se gli ammalati oncologici di Matera preferiscano effettuare la radioterapia al “Miulli” di Acquaviva delle Fonti, piuttosto che al Crob di Rionero. Con tutto ciò che ne deriva in termini di emigrazione sanitaria e di deficit economico per i bilanci delle aziende interessate.
Ovviamente, di tutto ciò non si parlerà affatto questa mattina nella passerella pre-elettorale al Crob con quattro ministri e sei professori universitari distanti anni luce dalla realtà lucana.
Così come di certo non saranno affrontate le altre, gravi carenze che da anni frenano l’operatività del Crob. A partire dalla mancanza dei primari di Urologia, Senologia e Oncologia, con la Chirurgia Addominale solo da poche settimane rafforzata (ed era ora) con l’arrivo del dott. Alessio Vagliafinti.
Diciamolo pure, la sceneggiata di oggi poteva essere tranquillamente risparmiata ai lucani. Così come si potevano risparmiare i 47 mila euro finiti nelle casse della “InRete” di Milano. Una società di fuori regione. Quelle che negli ultimi cinque anni hanno fatto fortuna in Basilicata. E spiace che la deliberazione n. 174 del 25 marzo scorso, che ne ha autorizzato la spesa, porti in calce la firma del neo direttore generale del Crob, Massimo De Fino. Perché se il buon giorno si vede dal mattino, quei soldi buttati dalla finestra del Centro di riferimento oncologico sono un brutto segnale. Speriamo solo non si tratti del primo di una lunga serie. I rioneresi avrebbero ragione nel dire: abbiamo già dato.
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