Dicono che il generale Vito Bardi sia caduto dalle nuvole quando ha saputo dell’ennesima figuraccia, foriera di altri, possibili contraccolpi in altre sedi, che la Regione Basilicata ha rimediato, nelle scorse settimane, a livello nazionale per colpa di Alsia.
O meglio, per colpa del direttore napoletano a suo tempo nominato dalla giunta regionale alla guida dell’Agenzia lucana di sviluppo e innovazione in agricoltura: il prof. Aniello Crescenzi.
Un imprenditore, prima ancora che docente universitario, chiamato a guidare l’unico ente pubblico (l’Alsia, appunto) del quale egli non si sarebbe mai dovuto occupare, per evidenti ragioni di conflitto di interesse. Ragioni in questo caso legate ai rapporti societari che Crescenzi aveva – e che probabilmente ancora continua a mantenere, sia pure per il tramite di persone a lui vicine – con la “Bioagritest Srl”.
Una società operante nello stesso settore di competenza dell’Agenzia di sviluppo e innovazione in agricoltura, le cui “performances” – guarda caso – hanno subìto negli anni un netto rallentamento, di certo a vantaggio dei concorrenti privati, anche a seguito del dimezzamento del personale in servizio nell’Agenzia pubblica, oggi di 75 unità, a fronte delle 145 persone iscritte a libro paga non più tardi del 2010.
Ma andiamo con ordine, partendo dalla cronaca non proprio esaltante delle ultime settimane.
La notizia è questa: lo scorso 30 luglio, l’Autorità nazionale anticorruzione (Anac), con delibera n. 380, a firma del presidente, l’avv. Giuseppe Busia, ha irrogato una sanzione pecuniaria di 10 mila euro al direttore pro-tempore dell’Alsia per aver posto in essere atti amministrativi di «natura ritorsiva» nei confronti di quei dipendenti che sin dall’inizio della gestione Crescenzi hanno tentato (purtroppo con scarsa fortuna) di richiamare l’attenzione del governo lucano su alcuni aspetti di particolare gravità, legati proprio alla nomina del direttore dell’Agenzia di sviluppo e innovazione in agricoltura.
Sappiamo per certo – essendocene occupati già nella scorsa legislatura – che uno dei dirigenti storici di Alsia, l’ing. Vincenzo Capece, persona di indiscussa e riconosciuta professionalità, punto di riferimento della stragrande maggioranza dei suoi colleghi, ha preso carta e penna.
E con tanto di documenti ufficiali alla mano, ha segnalato per tempo a chi di competenza in Regione – a partire proprio dal presidente Bardi – le false attestazioni rese dal direttore Crescenzi all’atto della propria nomina.
Circostanza, quest’ultima, che avrebbe dovuto indurre non solo il governatore e i suoi collaboratori, ma anche altri, a partire dagli esponenti dell’opposizione, a denunciare la cosa agli organi preposti dello Stato: Procura della Repubblica di Potenza in testa. Purtroppo, il massimo sforzo prodotto, nei cinque anni passati, va ricercato nelle pur lodevoli e ripetute interrogazioni dell’allora capogruppo del Pd, Roberto Cifarelli, e degli esponenti del Movimento Cinque Stelle, Leggieri e Perrino, rimaste in gran parte senza riscontro.
Ad esclusione di un’unica e isolata risposta, peraltro fuorviante e platealmente inconferente, che ben avrebbe giustificato un atteggiamento meno acquiescente, se non proprio remissivo, da parte degli esponenti dell’opposizione.
In questi giorni, quale atto di esordio, o quasi, della nuova legislatura, Cifarelli – insieme con Lacorazza e Marrese – ha fatto protocollare l’ennesima interrogazione sul caso Alsia.
Una interrogazione certamente ben scritta e ampiamente argomentata. Ma la domanda sorge spontanea: quale esito è lecito attendersi da questo nuovo atto ispettivo a firma dei tre consiglieri regionali del Partito Democratico? Alla luce dell’esperienza passata, temiamo nessuno.
Viceversa, un risultato concreto c’è stato, come detto all’inizio, per mano dell’Anac, proprio a seguito di una dettagliata, e successiva denuncia fatta lo scorso anno dall’ing. Capece. In questo caso, la segnalazione all’Autorità nazionale anticorruzione non ha riguardato le presunte, mendaci attestazioni rese a fine 2019 da Crescenzi, ma una delibera di riorganizzazione degli uffici.
Un atto amministrativo, quest’ultimo, risalente al mese di giugno 2023, penalizzante per i dipendenti non allineati alla direzione Alsia, e come tale, appunto, di chiara «natura ritorsiva», per mutuare l’espressione utilizzata dall’avv. Giuseppe Busia, nella delibera Anac del 30 luglio 2024 che – a nostra memoria – non ha precedenti nella storia di tutti gli enti di sottogoverno della Regione Basilicata. E scusate se è poco.
Altro aspetto di non poco conto, sul quale pure sarebbe legittimo accendere un faro investigativo.
Per quanto l’Autorità anticorruzione abbia sanzionato, con la multa da diecimila euro, «l’uso distorto della funzione esercitata dal direttore Alsia», con ciò lasciando prefigurare una responsabilità personale di cui l’interessato avrebbe dovuto farsi carico con le proprie tasche e non affondando le mani nelle casse dell’ente amministrato, il prof. Aniello Crescenzi non ci ha pensato due volte dall’approvare una variazione di bilancio di 20 mila euro per pagare, da un lato, un noto avvocato di Napoli per farsi difendere dinanzi al Tar del Lazio. Vedi preventivo di circa 10 mila euro depositato dall’avv. Ezio Maria Zuppardi del foro partenopeo.
Per poi far ricadere (è lecito supporre) sulle casse pubbliche anche l’onere di 10 mila euro della sanzione pecuniaria comminata dall’Autorità anticorruzione, senza chiedersi se la cosa possa, o meno, apparire quanto meno discutibile agli occhi della Corte dei Conti di Basilicata.
Immaginiamo infine con quale, e quanta, “felicità” i 74 dipendenti Alsia abbiano appreso la notizia della variazione di bilancio di 20 mila euro decretata dal prof. Aniello Crescenzi con la determinazione dirigenziale n. 84 dello scorso 17 settembre.
Da tre anni a questa parte, infatti, a partire cioè dalla produttività 2021, tecnici, impiegati e dirigenti dell’Agenzia di sviluppo e innovazione in agricoltura della Basilicata, a differenza di tutti gli altri dipendenti pubblici regionali, non hanno percepito alcunché a titolo di premio di produzione.
Il tutto in aperta violazione dei contratti vigenti. E in spregio ad ogni regola di buona amministrazione, così come più volte denunciato dai sindacati di categoria di Cgil, Cisl e Uil, senza che la cosa abbia minimamente suscitato l’interesse di chi governa. Inutile dire che la responsabilità di quanto da anni accade in Alsia è addebitabile solo ed unicamente al management in carica.
Un management per fortuna giunto a fine mandato. Salvo proroghe o riconferme del Crescenzi di turno. Con buona pace delle figuracce nel frattempo rimediate da Vito Bardi a livello nazionale.
Nino Grasso
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