di Nino Grasso
Può sembrare un paradosso. Una storia di incredibile superficialità e colpevole pressapochismo amministrativo. Ma ormai accade anche questo, in Consiglio regionale, per mano di un governo locale alle ultime battute, nemmeno più in grado di garantire, in questa fase finale della legislatura, l’ordinaria amministrazione. La notizia: un finanziamento di 3 milioni di euro stanziato nello scorso mese di giugno, con la legge di stabilità, in favore di circa quattrocento anziani non auto-sufficienti e/o allettati, è stato revocato cinque mesi dopo dallo stesso parlamentino di via Verrastro, per iniziativa della giunta Bardi, senza che nessun consigliere di maggioranza e opposizione si sia alzato dal proprio banco per chiedere spiegazioni.
E meno che mai per inchiodare alle proprie responsabilità il governatore lucano e la sua squadra assessorile di «dilettanti allo sbaraglio». Definizione tra le più lusinghiere (e risparmiamo le altre) affidata in questa circostanza al taccuino del cronista da Vincenzo Clemente, presidente dell’Associazione regionale delle strutture socio-sanitarie alla quale fanno capo una quarantina di Rsa e Case di Riposo, con non meno di 1300 assistiti.
Tra l’altro stiamo parlando di un probabile, futuro candidato al Consiglio regionale della Basilicata in una formazione politica di area moderata: Sud chiama Nord, presentata nei mesi scorsi a Potenza da Cateno De Luca, già sindaco di Messina, oggi primo cittadino di Taormina. Questo per dire che i “complimenti” indirizzati da Vincenzo Clemente al generale Bardi e agli assessori Fanelli, Latronico, Galella, Casino e Sileo provengono da una fonte al di sopra di ogni sospetto di partigianeria politica.
E sono tutti meritati.
Al pari delle altre espressioni di “ammirazione” che abbiamo letto in una chat di addetti ai lavori, impegnati nella gestione delle Residenze sanitarie assistite e delle Case di riposo della Basilicata, riassumibili in una sorta di ipse dixit: «Giunta di m…da».
I fatti: lo scorso 15 novembre, in occasione dell’approvazione della legge regionale n. 43 con la quale, come si ricorderà, solo grazie alla presenza determinante in aula dei consiglieri di opposizione è stato possibile venire incontro alle richieste dei privati accreditati della sanità lucana, sono state approvate una serie di misure enfaticamente denominate «manutenzioni del sistema normativo regionale».
Stiamo parlando di un artificio lessicale inventato per l’occasione, per celare la polvere sotto il tappeto.
In questo caso, per camuffare l’ennesima figura barbina rimediata dall’esecutivo lucano nei confronti del governo nazionale. Leggere, per credere, la “pec” del 25 luglio scorso indirizzata al Dipartimento per gli affari regionali, con la quale il presidente Bardi – non nuovo a queste performance meschine – è stato costretto ad assumere «formale impegno» ad abrogare gli articoli 10 e 25 della legge di stabilità approvata dal Consiglio regionale un mese prima. Poi, già che si trovava, oltre agli articoli 10 e 25, contestati dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, il governatore lucano ha fatto abrogare anche l’articolo 22 della medesima legge n. 11 di giugno 2023.
Per cui non meraviglia che gli inquilini dell’aula Dinardo, al momento del voto, lo scorso 15 novembre, non ci abbiano capito nulla. E si siano fatti passare sotto il naso – senza obiettare nulla – la cancellazione del contributo di 3 milioni di euro stabilito per l’anno in corso per i 400 anziani non auto-sufficienti e/o allettati ricoverati nelle Case di riposo della Basilicata, precedentemente contemplato appunto dall’articolo 25 della legge di stabilità, sottoposta a «manutenzione» dalla massima assise elettiva lucana.
Precisiamo: stiamo parlando di un contributo introdotto per la prima volta nella passata legislatura dalla giunta Pittella.
Contributo erogato con grande ritardo e solo per tre anni: 2018-2019-2020. Dopo di che, l’esecutivo regionale a guida Fratelli d’Italia, Lega, Forza Italia e Idea ha chiuso i rubinetti. Sia perché insensibile al problema degli ultimi e dei penultimi, in nome di un populismo di bassa lega, votato all’ingiustizia sociale. Vedi: contributo bonus gas, dato indifferentemente a tutti, senza distinzione di reddito. Ma soprattutto perché i direttori generali della Sanità venuti da fuori regione – da Ernesto Esposito a Francesco Bortolan – tutto hanno fatto (ed eviteremo di ricordare cosa, specie in tema di presunte molestie sessuali) tranne che far predisporre dagli Uffici del Dipartimento il «manuale di accreditamento» previsto da una legge dello Stato e propedeutico alla corretta regolarizzazione delle Rsa e Case di riposo operanti nelle province di Potenza e Matera.
Tra l’altro, di qui a due settimane, scadrà il termine «perentorio» di 180 giorni entro il quale approvare il suddetto «manuale di accreditamento». Si tratta di una scadenza ben precisa (ripetiamo: perentoria) imposta alla Regione da parte del Tar della Basilicata, con sentenza emessa lo scorso 7 giugno a firma del presidente Donadono e dei consiglieri Mastrantuono e Nappi, a seguito di ricorso presentato proprio da 21 aziende iscritte all’Associazione regionale strutture socio-sanitarie (Arssab).
A questo punto, non occorre una particolare perspicacia per capire cosa sia accaduto nelle segrete stanze del Palazzo di via Verrastro.
Approssimandosi le elezioni del 2024, e avendo sul collo il fiato della giustizia amministrativa, il generale Bardi e il suo stato maggiore presidenziale si sono ricordati degli operatori delle case di riposo e delle residenze sanitarie assistite, snobbati per anni. In fondo, con tre milioni di euro – con i quali assicurare il contributo solo al 20% degli assistiti in ogni struttura interessata: 18 euro al giorno per i non auto-sufficienti e 22 per gli allettati – essi avrebbero potuto tacitare un mondo da sempre in grande affanno. Solo che anziché seguire la via maestra indicata dal Ministero della Salute (prima l’accreditamento, poi i contributi) gli «strateghi» di via Verrastro hanno imboccato la scorciatoia della pronta cassa, sperando in tal modo di aggirare le disposizioni del Tar.
Per intanto – avranno pensato – diamo i soldi. Mettiamo a tacere le proteste. Guadagniamo se mai la riconoscenza degli interessati e dei loro vertici nel segreto delle urne. Mentre per l’accreditamento, previsto per legge, poi si vedrà. Senonché a Roma anche il «governo amico» non ha potuto chiudere gli occhi. Le regole sono regole. E pazienza se il presidente Bardi e la sua compagnia di «dilettanti allo sbaraglio» (ripetiamo: copyright Vincenzo Clemente) hanno collezionato – per dirla sempre con gli associati Arssab – l’ennesima «figura di m…da» agli occhi dei lucani. Di certo, non è stata la prima. E per quanto manchino pochi mesi alla fine della legislatura, temiamo che non sarà nemmeno l’ultima.
Leggi anche:
Segui qui la Nuova Tv in diretta streaming.