di Nino Grasso
Abbiamo perso il conto degli incarichi legali affidati dalla giunta regionale di Basilicata all’avv. Vito Iorio del foro di Roma. I lettori lo ricorderanno: solo nello scorso mese di novembre ne abbiamo documentati quattro, per un onorario complessivo di oltre 100mila euro. Ai quali se ne sono aggiunti, in questi giorni, altri due, per ulteriori 30mila euro di parcella, più spese generali, cassa previdenziale e imposta sul valore aggiunto. Il totale, va da sé, è pari se non superiore allo stipendio annuo di un funzionario in servizio presso l’Avvocatura regionale.
Pensavamo che a meno di due mesi dal voto del 21 e 22 aprile prossimi, la grande abbuffata fosse finita. E invece no. Ci sbagliavamo.
Lo scorso 7 marzo, nella seduta di giunta iniziata alle ore 14, il presidente Bardi e gli assessori Fanelli, Casino, Galella, Sileo e Latronico, hanno approvato all’unanimità le delibere n. 150 e n. 152, rispettivamente di 18.630 e 12.769 euro, più ammennicoli vari, con l’obiettivo di far difendere la Regione Basilicata dinanzi al Consiglio di Stato e al Tribunale amministrativo regionale dal solito avv. Iorio.
Il quale, da solo, ripetiamo, negli ultimi quattro mesi, ha portato a casa ben sei incarichi. Un record assoluto. Senza precedenti. Che lascerebbe prefigurare anche un impegno notturno da parte del legale in questione. Tanto più che Vito Iorio – va precisato – figura pure nei ruoli degli stipendiati fissi della Regione Basilicata, in qualità di collaboratore esterno dell’Unità di missione istituita a suo tempo per gestire i fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Superflua ogni altra considerazione su chi, grazie a Bardi e ai suoi cari, è destinato a ricevere tanto. E chi invece, non per colpa propria, ma a causa di un sistema perverso infarcito del peggiore clientelismo, non è mai riuscito a portare nulla a casa.
A beneficio di quanti, eventualmente, per ragioni di ufficio, volessero fare un approfondimento rispetto a quanto sin qui segnalato dalla “Nuova”, facciamo presente che le delibere del mese di novembre 2023 da recuperare presso la competente Segreteria del governo regionale in via Verrastro a Potenza, sono le seguenti: Dgr n. 687 e n. 688 del giorno 3. Seguite dalla n. 782 approvata nella seduta del 22 e infine la n. 786 dell’ultimo giorno del mese dei morti dell’anno trascorso. Tutti e quattro gli atti, ovviamente, sono stati approvati all’unanimità, al pari dei due licenziati nella seduta dello scorso 7 marzo, dal presidente Bardi e dai cinque componenti della giunta di centrodestra, nominati in quota Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia.
Aggiungiamo che mai, a memoria di chi scrive, e non solo, un governo regionale è stato così generosamente munifico nei riguardi di un solo professionista esterno.
Come se la Regione Basilicata non vantasse la presenza, nel proprio organico, di diversi avvocati altrettanto capaci e professionalmente all’altezza del compito per il quale ricevono un regolare stipendio a fine mese. Circostanza quest’ultima che nel prefigurare il mancato utilizzo di risorse interne all’ente Regione, potrebbe far suonare qualche campanello di allarme nelle stanze della Procura regionale della Corte dei Conti di Basilicata, sempre attenta a valutare, e a perseguire, i possibili «danni erariali» posti in essere dai decisori politici. Nel caso di specie individuabili nel presidente Bardi e nei cinque assessori regionali in carica.
Senza dire che la regola della «rotazione» nell’attribuzione degli incarichi ai professionisti iscritti nell’apposito elenco istituito a suo tempo presso la stessa Regione Basilicata, regola platealmente violata in presenza di sei mandati affidati nel giro di pochi mesi alla stessa persona, potrebbe lasciar prefigurare qualcosa di molto più grave della sola forzatura amministrativa, in favore di Tizio o Caio. Dove Tizio è il fortunato professionista capitolino che mangia a quattro palmenti. E i tanti Caio di questa storia di ordinaria arroganza politica sono i diversi avvocati del foro di Potenza e di quello di Matera, costretti ad assistere impotenti allo stravolgimento delle norme per mano del governo lucano. Mai come in questi anni impegnato ad applicare la regola aberrante dell’unico figlio premiato e dei numerosi figliastri snobbati.
Altro dettaglio inquietante.
Nella stessa seduta dello scorso 7 marzo 2024, la giunta Bardi ha varato la delibera n. 154. Anche questa relativa all’attribuzione di un incarico legale, a favore, questa volta, dell’avv. Filippo Lattanzi, sempre del foro di Roma. Il quale, sulla base di un preventivo molto più contenuto di quelli presentati dal suo collega Iorio (parliamo di ottomila euro più spese generali, iva e cassa previdenza) è stato incaricato di proporre ricorso in Cassazione avverso la recente sentenza del Consiglio di Stato, di cui ci siamo occupati nei mesi scorsi.
Sentenza pubblicata il 23 novembre 2023 con la quale – come si ricorderà – la Quinta Sezione presieduta da Rosanna De Nictolis (un validissimo magistrato di origine lucana) ha «terremotato», nel giorno dell’anniversario del tragico sisma ‘80, la cosiddetta legge «pieni-poteri» con la quale Bardi e il suo stato maggiore presidenziale hanno di fatto commissariato da anni l’Avvocatura regionale, posta sotto la “sferza” del capo di gabinetto del governatore lucano: l’ex colonnello della Guardia di Finanza, Michele Busciolano.
Rammentiamo che il Consiglio di Stato, accogliendo il ricorso presentato dagli avvocati Di Giacomo, Bruno e Panetta (tutti e tre dipendenti della Regione Basilicata), sostenuti ad adiuvantum in sede di dibattimento dalla Uil-Fpl, ha ripristinato l’autonomia funzionale e l’indipendenza dal potere esecutivo dell’Avvocatura regionale.
Per cui delibere come quelle del 7 marzo scorso a favore dell’avv. Iorio e dello stesso avv. Lattanzi, proposte dal capo di gabinetto Busciolano e approvate dalla giunta regionale, in dispregio al deliberato degli giudici amministrativi della Quinta Sezione, lascerebbero prefigurare quanto meno un conflitto di interessi.
Oltre che un ulteriore spreco di denaro pubblico, per quella che – ad occhi attenti – potrebbe essere letta come una lite temeraria destinata al fallimento giudiziario in Cassazione, avverso una sentenza del Consiglio di Stato. Lite temeraria avviata a fine legislatura al solo scopo di continuare ad operare anche a tempo scaduto in modo discrezionale, secondo la regola, prima citata, dell’unico figlio e dei tanti figliastri. Non siamo degli esperti. Ma secondo alcuni bravi legali di casa nostra (che sono poi quelli che hanno fatto condannare la Regione dai giudici della Quinta Sezione), vi sarebbero, anche in questo caso, tutti gli estremi per chiedere una esemplare condanna alle spese per «responsabilità aggravata» a carico di Bardi e degli assessori Fanelli, Latronico, Galella, Casino e Sileo. Vedremo. Il tempo, come si dice, è galantuomo.
Per il momento, ci limiteremo a porre, a voce alta, una domanda ispirata a puro buon senso. Se a meno di due mesi dal voto di aprile, chi governa la Regione Basilicata non ha alcun timore nel porre in essere azioni di dubbio gusto amministrativo, che ne sarà del rispetto delle regole nei prossimi cinque anni, in caso di riconferma del generale Bardi e dei suoi cari? Meditino le forze di opposizione. Sempre che alcune di esse possano definirsi veramente tali. Perché a volte il dubbio ci assale: non sarà che questo «sistema» fa comodo a molti, se non a tutti. O quasi?
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