Il punto di vista di Nino Grasso – La “legge truffa” votata dal senatore Rosa e il dovere storico delle forze di opposizione

Il punto di vista di Nino Grasso
Il sen Gianni Rosa di Fratelli d'Italia, unico lucano ad aver votato il disegno di legge sull’autonomia differenziata, ha risposto ad Angelo Chiorazzo, che ha invece criticato aspramente il ddl Calderoli
Il sen Gianni Rosa di Fratelli d’Italia, unico lucano ad aver votato il disegno di legge sull’autonomia differenziata, ha risposto ad Angelo Chiorazzo, che ha invece criticato aspramente il ddl Calderoli

di Nino Grasso

Sfoderando la spocchia saccente dei suoi giorni migliori, il sen. Gianni Rosa, di Fratelli d’Italial’unico lucano a poter vantare il “merito” di aver votato a Palazzo Madama il disegno di legge sull’autonomia differenziataha detto (rivolgendosi al dott. Angelo Chiorazzo, che aveva aspramente criticato il ddl Calderoli) che «prima di parlare sarebbe bene leggere la norma». E che l’autonomia differenziata «può fare paura solo agli amministratori incapaci di gestire al meglio le risorse per i propri concittadini».

Immaginiamo che agli occhi dell’ex (non eletto) assessore regionale all’Ambiente della Basilicata, nel frattempo approdato in Parlamento per una grazia ricevuta da via della Scrofa, il metro di misura del buon governo della cosa pubblica sia rappresentato dai «bonus» distribuiti a pioggia dal generale Bardi. Di cui egli è stato per alcuni anni, nella legislatura che sta per giungere al capolinea, il ventriloquo accreditato. Per poi essere trattato a mo’ di scarpa vecchia. Tipo quelle che si abbandonano, senza alcun rimpianto, nel cassonetto della differenziata.

Naturalmente, prima di criticare la legge che consentirà alle regioni ricche del Nord di trattenere per sé il cosiddetto «residuo fiscale» derivante dalle imposte statali di Irpef e Iva, è stata nostra cura far tesoro dell’invito a leggere le carte che il sen. Rosa ha rivolto ad altri.

Ma che, a quanto pare, egli per primo ha snobbato. Perché delle due l’una. O si è trovato tra le mani un testo diverso da quello varato al Senato. Oppure Rosa non ha capito quello che stava votando. In particolare a proposito dei “Lep”: i livelli essenziali delle prestazioni, che per unanime ammissione andrebbero garantiti in via prioritaria a tutte le regioni. Ma per i quali non vi sono al momento le risorse necessarie.

Anzi nella “riforma” spacca-Italia – che il presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca, ha definito una «doppia truffa» per tutta una serie di ragioni spiegate nella conferenza stampa di qualche giorno fa, recuperabile in rete – vi è una clausola di «invarianza finanziaria» che è la madre di tutte le prese in giro. E la ragione è semplice. I “Lep” – come è scritto nel testo approvato – si dovranno, è vero, «definire» in modo puntuale.

Ma se poi non ci saranno i soldi per «finanziarli», o se addirittura – come ha denunciato De Luca – si rinvierà di due anni la loro messa a punto, pur facendo partire subito tutto il resto, accadrà che le Regioni del Nord per intanto incamereranno 9 miliardi di euro in più rispetto al passato. E con quei finanziamenti aggiuntivi, utilizzabili in materia di Sanità e Pubblica Istruzione, Lombardia e Veneto (mentre l’Emilia Romagna ha già preso le distanze dal tipo di “riforma” approvata in Senato) potrebbero stipulare contratti integrativi con medici e insegnati.

Il che finirebbe per incentivare una «fuga» delle figure professionali più ricercate, e a volte introvabili, dal Sud verso il Nord.

Con risultati facilmente immaginabili per la tenuta della Nazione: parola prima abusata e ora, a quanto pare, caduta in disuso nel lessico della Sorella d’Italia, da quando ella è diventata presidente del Consiglio.
Poi, sia chiaro. Come va sostenendo il candidato presidente di “Basilicata Casa Comune”, Angelo Chiorazzo – il quale, a dispetto delle solite “bufale” di Palazzo che lo volevano in ritirata, ha rilanciato il proprio impegno da Policoro nel corso del quarto appuntamento con i suoi sempre più numerosi supporter dopo le affollate kermesse di Potenza, Matera e Senise – il governo Meloni va sfidato sul terreno dell’efficienza e del rigore amministrativo. Così da capovolgere il comodo paradigma di un Sud piagnone ed inefficiente.

Sempre che, ovviamente, vi siano due preliminari condizioni di partenza. La prima: garantire lo stesso numero di uomini e la medesima quantità di mezzi finanziari a tutte le regioni italiane, rompendo gli schemi imposti dalla «spesa storica». Che per il Sud è sempre stata fortemente penalizzante, soprattutto per la carenza di posti letto e personale sanitario. Secondo: introdurre una norma ad hoc alla Camera quando si voterà il ddl Calderoli. In modo che a nessuno venga in mente di utilizzare i «residui fiscali» per fare «campagna acquisti» di medici e docenti a danno del Mezzogiorno.

E su questo, per riprendere un concetto espresso da Angelo Chiorazzo, ci piacerà mettere alla prova i due deputati di Fratelli d’Italia eletti in Basilicata: Aldo Mattia e Salvatore Caiata.

Mattia, Caiata e Rosa

In particolare, atti parlamentari alla mano, verificheremo se essi sapranno fare «rete» con Vincenzo Amendola (Pd) e Arnaldo Lomuti (M5s) per salvaguardare, al di là delle bandiere di partito, gli interessi della comunità che li ha eletti. Oppure se mutuando l’esempio servile offerto dal sen. Rosa e da una folta pattuglia di fratelli-coltelli di tutt’Italia, anche Mattia e Caiata si tapperanno il naso e voteranno per l’ennesima, maleodorante legge-truffa contro il Sud e la Basilicata. Vedremo.

Per intanto, una considerazione ci pare d’obbligo. Specie dopo aver letto la dichiarazione rilasciata in queste ore dall’ex governatore lucano Marcello Pittella. Il quale – ribadendo la netta contrarietà all’autonomia differenziata, per la verità espressa con forza già diversi mesi fa – ha aderito alla mobilitazione promossa dal governatore campano.

Dicendo: chiederò ai deputati di Azione di battersi con forza per evitare l’indebolimento irreversibile del Mezzogiorno.

Benissimo. E’ una posizione di grande onestà intellettuale, che – come evidenziato anche dall’ex deputato Peppino Brescia nella nota a sua firma pubblicata ieri l’altro dalla “Nuova” – fa giustizia delle «voci» che davano per certo un possibile avvicinamento di Pittella al centrodestra in generale. E a Forza Italia, in particolare. Anzi, il «no» all’autonomia differenziata può, da questo punto di vista, essere il vero collante di una coalizione alternativa a quella messa in campo da Fdi, Lega e Fi.

Perché una cosa è certa: i partiti di centrosinistra e il Movimento cinque stelle hanno il dovere «storico» di impedire il disastro. Facendo della Basilicata una delle regioni d’Italia sottratte alle destre in occasione del voto imminente. Così da vederla schierata, insieme ad altre, in un possibile «referendum abrogativo» della legge truffa Meloni-Calderoli, ove mai il Parlamento dovesse consentire alla presidente del Consiglio di concedere alla Lega l’autonomia differenziata in cambio di un «premierato» altrettanto deleterio.

Ci auguriamo che di qui a qualche mese, nel segreto dell’urna, la Basilicata eviti di schierarsi dalla parte sbagliata della Storia.

Cosa possibile solo se le forze moderate e progressiste riusciranno ad evitare gli errori del 2019. Quando si fecero del male da sole, consegnando la Regione al centrodestra e ad un ex generale che ha «anestetizzato» la coscienza critica dei lucani buttando i soldi dalla finestra. Senza una logica. Se non quella di fare della nostra terra una sorta di «deserto dei Tartari». Buona per tutto. Ma non per viverci con figli e nipoti.

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