di Nino Grasso
La delusione è tanta, inutile nasconderlo. Per diversi mesi, e sino a ieri l’altro, ci eravamo illusi, con molti altri compagni di viaggio, di poter coltivare un sogno romantico, politicamente ambizioso, se non addirittura rivoluzionario, alimentato dalla discesa in campo di una sorta di «cavaliere bianco», pronto a sfidare tutto e tutti, pur di essere coerente innanzitutto con se stesso e poi con l’ansia di cambiamento ingenerata in migliaia di lucani.
Prendiamo atto, con un senso di profonda amarezza difficilmente dissimulabile, che la «realpolitik» ha avuto la meglio. E che Angelo Chiorazzo, decidendo per la seconda volta, nel giro di pochi giorni, di fare un passo di lato, per i tanti veti posti sulla sua persona – questa volta a vantaggio del presidente della Provincia di Matera, Piero Marrese (Pd), piuttosto che del primo “civico” individuato in una corsia d’ospedale, come era accaduto in precedenza con il primario oculista Domenico Lacerenza – non se l’è sentita di portare fino in fondo la sfida lanciata dal palco del Motel Agip di Potenza lo scorso 16 dicembre.
Gelando le attese di molti, ed alimentando, probabilmente, quel diffuso senso di disincanto nei confronti della politica che da anni induce una buona metà dell’elettorato a non esercitare il diritto di voto, il fondatore di “Auxilium” ha messo da parte l’orgoglio.
Si è dato un pizzico sulla pancia. E dopo aver ingoiato qualche lacrima – come molti in queste ore hanno fatto, tra quanti gli sono stati vicino sin dall’inizio della sua avventura – ha deciso comunque di spendersi per il bene di questa regione. Perché è evidente, rammarico della mancata corsa solitaria a parte, che l’obiettivo di mandare a casa il peggior governo di centrodestra che la Regione Basilicata abbia mai avuto in oltre mezzo secolo di storia, diventa ora perseguibile. Di sicuro meno arduo da raggiungere come forse sarebbe stato, ove mai il centrosinistra si fosse presentato alla prova delle urne diviso in due tronconi, per la felicità di Vito Bardi e di quanti già pregustavano una vittoria a tavolino. Senza nemmeno giocare la partita.
Fino alla sera del 22 aprile prossimo, quando presumibilmente si conoscerà l’esito di questa tornata elettorale, il governatore uscente, e la grande ammucchiata che si ritrova intorno, dovranno invece tenere in frigo lo champagne, che già si preparavano a stappare dopo le ore 12 di domani, sabato, al termine delle operazioni di registrazione dei contrassegni e delle liste elettorali.
Diciamolo, senza nasconderci dietro il dito: gli errori commessi, nel campo del centrosinistra, sono stati tanti.
Sin dall’inizio, qualcuno si è venduto la pelle dell’orso prima di averlo ucciso, dando per scontato un «sì» di Giuseppe Conte che invece non c’è mai stato. E che anzi si è trasformato in un «no» deciso da parte dell’avvocato di Volturara Appula, quando agli iniziali mugugni dei tre coordinatori locali del Movimento cinque stelle, indispettiti dalla prospettiva di non poter aspirare a loro volta ad un ruolo di primo piano, è calato come una mannaia, sul capo di Angelo Chiorazzo, il veto di Marco Travaglio e del suo “Fatto Quotidiano” per le risibili ragioni di cui abbiamo parlato più volte su questo giornale. E che non vale nemmeno più la pena ripetere, tanto esse sono ridicole e pretestuose.
Di certo, non sarà facile spiegare agli elettori perché una candidatura forte che poteva tranquillamente condurre alla vittoria l’armata Pd-M5s-Bcc, era indigeribile con Chiorazzo aspirante governatore.
Mentre non lo è più ora che l’interessato si appresta a vestire i panni di capolista di “Basilicata Casa Comune”: lo schieramento civico nato come un «segno di speranza» sulla base di una piattaforma programmatica, messa a punto dal laicato cattolico, dopo oltre un anno di ascolto dei bisogni e delle attese della comunità lucana. Quella di “Basilicata Casa Comune” non è mai stata una operazione di vertice delle gerarchie ecclesiali, ideata nella sacrestia di qualche Duomo lucano, come strumentalmente la si è voluta far passare nell’immaginario collettivo, sulla base di una falsa narrazione giornalistica alimentata ad arte dai soliti «sfasciacarrozze». E da quanti, sotto sotto, avevano già messo in conto di gestire la sconfitta elettorale, pur di tornare ad occupare una poltrona in Consiglio regionale. Parliamo di persone che da oltre vent’anni condizionano la politica lucana, solo grazie al proprio voto e a quello di qualche fedele “famiglio”.
Sin dai primi vagiti, il progetto di un movimento civico forte, scevro da condizionamenti di qualunque natura ed avulso dalle alchimie del potere, ha fatto paura a qualche capo-bastone, timoroso di perdere la leadership nel fronte moderato e progressista.
Sicuramente ha indispettito coloro i quali non hanno mai pensato di farsi da parte, pur avendo condotto alla sconfitta il centrosinistra di Basilicata e regalato su un piatto d’argento nel 2019 la guida della Regione al generale Bardi e alla sua armata di voraci napoletani.
Lo documenteremo, carte alla mano, come abbiamo sempre fatto, incuranti delle querele intimidatorie che ci sono state notificate anche in questi giorni, quando torneremo ad occupaci delle recenti malefatte del governo regionale in carica e delle ultime “regalie” fatte a suon di decine di migliaia di euro di soldi pubblici a favore dei cortigiani di turno, per lo più provenienti da fuori regione. Altro che «orgoglio lucano», come si legge sui manifesti elettorali fatti stampare dai transfughi delle opposizioni a sostegno del governatore di Forza Italia. Mai come in questo caso, la «lucanità» contrabbandata come merito politico di Vito Bardi non è solo un ossimoro della lingua italiana. Ma è un insulto all’intelligenza degli elettori.
Di questo ora si dovrà parlare nei prossimi trenta giorni in vista del voto del 21 e 22 aprile prossimi.
E ci aspettiamo che ad alimentare con dati di fatto un vero e proprio «referundum» sulla giunta regionale uscente siano soprattutto Angelo Chiorazzo e gli altri 19 aspiranti consiglieri di “Basilicata Casa Comune”, nel tentativo di recuperare, per quanto possibile, l’entusiasmo iniziale dei propri sostenitori, messo a dura prova dal passo di lato fatto nelle ultime ore a sostegno di Piero Marrese.
A proposito: auguri per lo scampato pericolo al neo candidato presidente del centrosinistra, coinvolto ieri l’altro, con alcuni collaboratori, in un incidente stradale senza gravi conseguenze, mentre stava tornando a casa, dopo la conferenza stampa tenuta a Potenza. Speriamo non sia un’altra, malaugurata avvisaglia di una campagna elettorale da affrontare tutta in salita.
In ogni caso, lanciarsi a peso morto nell’agone elettorale, col dichiarato proposito di conquistare un voto in più del Partito Democratico, da un lato, e del Movimento Cinque Stelle, dall’altro, rappresenta a questo punto per gli uomini e le donne di “Bcc” la vera sfida da vincere.
Sia per mandare a casa Bardi e i suoi “cari” della prima come dell’ultima ora. Sia per far prevalere l’area moderata di un fronte progressista al momento troppo sbilanciato a sinistra, che grazie a “Basilicata Casa Comune” può trovare al «centro» il giusto equilibrio. Il tutto dopo aver chiesto scusa – come pure Chiorazzo ha già fatto – dei tanti errori commessi in questi mesi. Nella speranza che non sia troppo tardi per evitare che nei due giorni dedicati al voto il popolo dei delusi se ne resti a casa. O in alternativa preferisca le spiagge e le montagne dell’Appennino lucano alle cabine elettorali.
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