Il punto di vista di Nino Grasso – Le sparate del “Fatto”, le presunte candidature gradite al M5s e i disastri di Bardi

Il punto di vista di Nino Grasso
Il consiglio regionale della Basilicata: circola voce che il coordinatore regionale del M5S avrebbe espresso il gradimento per tre candidature alternative a quella di Chiorazzo, intanto il direttore del "Fatto" continua a dire "no" al candidato di Basilicata Casa Comune, senza mai interrogarsi sui disastri del governo Bardi.
Circola voce che il coordinatore regionale del M5S avrebbe espresso il gradimento per tre candidature alternative a quella di Chiorazzo, intanto il direttore del “Fatto” continua a dire “no” al candidato di Basilicata Casa Comune, senza mai interrogarsi sui disastri del governo Bardi.

di Nino Grasso

Non avendo la fortuna di avere un «filo diretto» con il coordinatore regionale del Movimento Cinque Stelle di Basilicata, ed avendo letto su altri organi di stampa che l’on. Arnaldo Lomuti, in qualità di portavoce dei pentastellati lucani, avrebbe espresso il gradimento del Movimento per almeno tre possibili candidature alternative a quella di Angelo Chiorazzo, di “Basilicata Casa Comune”, nella corsa alla presidenza della Regione, ci siamo avvalsi di un rapporto di consolidata cordialità con uno dei più stretti collaboratori del parlamentare venosino per sapere se la notizia fosse degna di fede.

O se, invece, in assenza di comunicati ufficiali del partito, si trattasse piuttosto di uno di quei «ballon d’essai» che grazie a qualche giornalista amico si lanciano più o meno anonimamente nel cielo della politica quando si vuole capire da che parte spira il vento: un modo per gettare la pietra, nascondendo la mano.

Come temevamo, la curiosità è rimasta purtroppo inappagata.

Perché a distanza di alcune ore dal nostro whatsapp, il collaboratore dell’on. Lomuti ci ha fatto sapere che non sentiva Arnaldo da quattro giorni. Per poi aggiungere, molto cortesemente, mi dispiace: non so che dire.

Capita. Ci sono momenti in cui un parlamentare in carica, preso da mille problemi, ha il sacrosanto diritto di interrompere le comunicazioni anche con chi, professionalmente parlando, gli è molto vicino. Non ne faremo motivo di critica. Ma la curiosità resta: i nomi che sarebbero «graditi» ai Cinque Stelle sono veramente quelli di Alberto Iannuzzi, Rocco Paternò e Lorenzo Bochicchio?

Oppure si tratta di una invenzione giornalistica, priva di fondamento, buttata lì – su input di qualcuno – solo per seminare zizzania e alimentare la caciara in corso, sperando di vendere qualche copia di quotidiano in più?

Sia chiaro: il presidente vicario della Corte di Appello, il presidente dell’Ordine dei Medici della provincia di Potenza e l’ex direttore generale Asp, di cui abbiamo appena fatto i nomi, sono tutte persone degnissime. Rispettabilissime. A cui fare tanto di cappello per il lavoro svolto negli anni trascorsi nei rispettivi ambiti di competenza. Il che, a maggior ragione, ci fa dire che Iannuzzi, Paternò e Bochicchio – proprio per il ruolo pubblico che in taluni casi essi ancora rivestono – non meritano di finire nel bel mezzo di un chiacchiericcio a mezzo stampa, probabilmente utilizzato strumentalmente da chi, per partito preso, sulla base dei pregiudizi del Travaglio di turno, si vorrebbe arrogare il diritto di incoronare questo o quell’altro, in base alle simpatie e alle amicizie interessate del momento.

Pure a costo di condannare i lucani ad altri cinque anni di non-governo, con un possibile Bardi-bis che avrebbe un effetto devastante per la tenuta sociale di questa regione.

Chi avesse qualche dubbio in proposito, vada a leggere quanto dichiarato dal procuratore della Corte dei Conti, Vittorio Raeli, in occasione dell’apertura dell’anno giudiziario della magistratura contabile, di cui abbiamo riferito nell’edizione di ieri l’altro.

A distanza di cinque anni dalla sonora batosta subita nel 2019, per effetto di scelte improvvisate, fatte all’ultimo momento, sulla base di mediazioni al ribasso, nel centrosinistra lucano c’è ancora chi non riesce a liberarsi dalla sindrome della sconfitta. Se mai preferendo fare nuovamente harakiri, a beneficio di un centrodestra dannoso e inconcludente, come evidenziato nelle ultime ore dagli ex parlamentari lucani Peppino Brescia, Vito Gruosso, Nicola Savino e Tonio Boccia. Ma anche da semplici attivisti del Movimento 5 Stelle. A partire da Pierluigi Scaldaferri, dell’area Sud della Basilicata. La cui analisi, dal nostro punto di vista, è pienamente condivisibile.

«Se Angelo Chiorazzo venisse disarcionato – ha scritto infatti Scaldaferri in un post che circola in rete – non si capisce perché quel mondo civico (che ha numeri e qualità) dovrebbe rimanere in partita. E la stessa parte del Pd che ha appoggiato l’esponente di “Basilicata Casa Comune” non avrebbe, credo, lo stesso entusiasmo.

Anche la base Cinque Stelle potrebbe avere qualcosa da ridire perché le stesse ragioni che ci stanno portando a dire “no” a Chiorazzo dovrebbe indurci a dire “no” ad una alleanza costruita con Margiotta e Pittella. Altrimenti faremmo del doppiopesismo».

Ripetiamo, a queste parole totalmente condivisibili del militante pentastellato, sentiamo di aggiungere che è privo di senso, ma soprattutto autolesionistico, continuare a dire di “no” ad Angelo Chiorazzo – come va facendo il direttore del “Fatto Quotidiano”, nella sua veste di ascoltato suggeritore di Giuseppe Conte – solo perché il fondatore di “Auxilium” ha avuto la possibilità, nei decenni scorsi, di poter interloquire con uomini politici della Prima Repubblica che nel bene o nel male hanno scritto la storia d’Italia.

Sorvolando sulla circostanza che statisti del calibro di Giulio Andreotti o personaggi che hanno rischiato di diventare presidente della Repubblica, come Gianni Letta, non avevano certo il problema di riempire l’agenda dei propri appuntamenti quotidiani.

Lo ricordiamo: Chiorazzo ha conosciuto l’allora presidente del Consiglio Andreotti quando, da giovane universitario della “Sapienza”, arrivato a Roma da quel di Senise, si è ritrovato a rappresentare gli studenti all’interno del consiglio di amministrazione dell’Ateneo capitolino sull’onda di un sostegno (già allora) popolare.

Una circostanza di merito, che evidentemente continua a sfuggire al Marco Travaglio specialista in spericolati giudizi sommari.

Marco Travaglio, il direttore del Fatto Quotidiano
Marco Travaglio, il direttore del Fatto Quotidiano, che da suggeritore del leader del M5s continua a ribadire il suo “no” a Chiorazzo, ma non si è mai interrogato sui disastri del governo Bardi

Il direttore del “Fatto” è lo stesso giornalista, per intenderci, che ha a suo tempo definito Mario Draghi un «figlio di papà» che «non capisce un cazzo».

Non sapendo che l’ex capo del governo italiano, l’uomo che da banchiere centrale ha salvato l’euro all’indomani della crisi finanziaria del 2008, ha perso il papà quando aveva 15 anni. E quattro anni dopo anche la madre.

E allora, di che parliamo? Delle stupide «fatwa» integraliste di un “guru” della carta stampata che da Roma spara «cazzate» (è il caso di dire, mutuando la signorilità del suo linguaggio) senza conoscere uomini e cose?

O di un direttore di giornale che non si è mai interrogato sui disastri compiuti dal centrodestra lucano, pubblicando un’inchiesta sulle azioni di governo poste in essere dal generale Vito Bardi negli ultimi cinque anni in Basilicata.

Così da portare alla luce gli sprechi milionari, con risorse distribuite a pioggia, e il bluff dell’operazione <gas gratis>, che – come è ben noto – gratis non è. A tal proposito, aggiungiamo che ove mai i giornalisti del “Fatto” avessero bisogno di un po’ di carte gliele forniremmo volentieri noi della “Nuova”: a partire dalle ultime bollette di mille euro e passa fatte recapitare ad utenti lucani pensionati.

Conclusione. Nell’attesa di capire (anche dagli interessati) se Iannuzzi, Paternò e Bochicchio siano, o meno, i candidati ufficiali del Movimento cinque stelle, è opportuno ricordare che Giuseppe Conte, proprio in queste ore, ha aperto alle «primarie» per la scelta del candidato sindaco di Bari. Il segretario regionale del Pd, Giovanni Lettieri, ne ha approfittato per dire: facciamole anche in Basilicata. Siamo ancora in tempo. Se mai – ci permettiamo di suggerire, ove mai si volesse scongiurare il rischio «inquinamento» del voto – riservandole ai soli iscritti dei partiti e movimenti della futura coalizione di centrosinistra e M5s. Domenica 10 marzo potrebbe essere la data giusta. A meno che – come temiamo – non ci sia qualcuno che stia giocando al tanto peggio, tanto meglio. Così da tenersi il generale Vito Bardi e il suo sgangherato stato maggiore presidenziale per altri cinque anni.

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