Il punto di vista di Nino Grasso – L’ultima “bufala” su Chiorazzo inventata dai professionisti della disinformazione

Il punto di vista di Nino Grasso
Angelo Chiorazzo, candidato di “Basilicata Casa Comune” a presidente della Regione Basilicata
Angelo Chiorazzo, candidato di “Basilicata Casa Comune” a presidente della Regione Basilicata

di Nino Grasso

La testata on line “Basilicata 24”, il cui direttore editoriale, Michele Finizio, alcuni anni fa è stato indagato per simulazione di reato, a riprova del rapporto conflittuale che il personaggio in questione sembra avere con la verità dei fatti, ce la sta mettendo tutta (senza riuscirvi) per infangare la figura del dott. Angelo Chiorazzo, candidato di “Basilicata Casa Comune” a presidente della Regione Basilicata.

Probabilmente, al fondatore della cooperativa sociale “Auxilium”, che nel frattempo, come si sa, si è dimesso da tutti gli incarichi ricoperti, non vengono perdonati i successi professionali conseguiti nel mondo “coop”, dove taluni personaggi, a partire dallo stesso Finizio, hanno navigato (e navigano) con scarsi risultati. È facile presumere quindi di essere in presenza di un classico caso di invidia sociale. Peraltro provocata dal cosiddetto effetto-specchio: quando cioè nel successo altrui, si intravede in modo meschino il riflesso del proprio fallimento.

L’ultima “bufala” priva di fondamento, fatta veicolare in rete da “Basilicata 24”, sulla base di una «voce» inventata di sana pianta, riguarda una presunta candidatura dell’esponente del mondo civico lucano al Parlamento europeo, nella lista del Pd, alle spalle della segretaria nazionale Elly Schlein.

Perché in tal modo, è stato scritto, verrebbe lasciato campo libero, nella corsa alla Regione, all’attuale vice presidente di Confindustria Basilicata, Margherita Perretti. La quale senza muovere un dito – e per di più a propria insaputa – si appresterebbe a ricevere il sostegno corale del Partito democratico, del Movimento cinque stelle, nonché di Azione, Italia Viva e della stessa associazione guidata da Francesco Somma.

L’imprenditore più volte chiamato in causa in questi mesi, quale possibile candidato esterno nelle file del centrodestra. Tutto falso, naturalmente. A partire dal subdolo dettaglio del secondo posto in lista prefigurato per Chiorazzo che lascerebbe intendere – agli occhi dei lettori meno accorti – una sorta di candidatura blindata, nell’unica competizione elettorale in cui invece le chance di successo sono legate ai voti di preferenza conquistati nella circoscrizione di competenza da ogni aspirante deputato europeo.

Qualcuno lo ricorderà. Già nelle scorse settimane, a valle di un vertice tra alcune sigle minori, il fondatore di “Auxilium” era stato invitato a ridimensionare le proprie aspirazioni politiche. In particolare, limitandosi a capeggiare la lista di “Basilicata Casa Comune”, per poter poi sperare, a urne chiuse ed in caso di vittoria del centrosinistra, in un incarico di vertice nel parlamentino lucano. Una sorta di premio di consolazione. Per di più a babbo morto.

Di qui il dubbio che i suggeritori dell’ultima “bufala” targata “Basilicata 24” siano sempre gli stessi.

Quelli che da mesi si affannano ad avvelenare i pozzi dell’informazione politica locale, attribuendo ad altri i propri difetti. Compresa l’ansia di assicurarsi per i prossimi cinque anni un congruo appannaggio pubblico. Che è poi la tipica sindrome di chi, nella vita, non si è mai seriamente rimboccato le maniche, come ha fatto invece, partendo da Senise, uno dei cooperatori sociali più noti d’Italia. L’uomo portato ad esempio per aver creato centinaia di nuovi posti di lavoro. Tra cui il proprio.

Insomma, verrebbe da dire, nulla di nuovo sotto il sole. Gli anni passano. Ma le miserie umane rimangono immutate. Come simile a se stessa è la politica autolesionistica di alcune frange minoritarie della sinistra, a partire da quella incarnata da Valerio Tramutoli, di “Basilicata Possibile”, votate masochisticamente ad un cupio dissolvi collettivo. Parliamo di esponenti di sigle locali con le stimmate della sconfitta conquistate sul campo in due elezioni successive a distanza di pochi mesi nel 2019, che da sempre preferiscono individuare il nemico da abbattere non tanto nella destra (di cui a volte diventano la stampella, in cambio di reciproche attenzioni: vedi Comune di Potenza), quanto nel possibile alleato della porta accanto, proveniente dalla società civile.

Come appunto nel caso di Chiorazzo.

Avversato strumentalmente per partito preso, senza nemmeno prendersi la briga di interrogarsi sulle sue capacità di operare in assoluta libertà. Scevro da condizionamenti. Ma soprattutto in modo autorevole e credibile, forte di una «visione» dallo sguardo lungo, qual è quella dimostrata in passato nelle interlocuzioni avute con capitani di industria e politici di statura internazionale, da un lato. E, dall’altro, con sindacati, associazioni datoriali, organizzazioni del terzo settore, movimenti e forze politiche progressiste. Le stesse accorse, non a caso, sabato scorso, a Melfi, su invito di “Basilicata Casa Comune”, per parlare con Angelo Chiorazzo di lavoro e crisi industriali.

Alzi la mano chi, negli ultimi cinque anni, può dire di aver visto fare la stessa cosa al governatore uscente di centrodestra, Vito Bardi.

Il quale, piuttosto, passerà alla storia della Basilicata come il presidente del «non dialogo» con le parti sociali, che ha «tradito» la propria terra, per aver votato motu proprio in sede di Conferenza Stato-Regioni a favore del progetto di «autonomia differenziata», senza prima pretendere – come gli ha rinfacciato l’on. Tonio Boccia, già presidente della Regione dal 1990 al 1995 – che il governo Meloni finanziasse prioritariamente i livelli essenziali delle prestazioni. I cosiddetti “Lep”. In assenza dei quali il Sud sarà condannato a morte certa.

Ecco perché appare a dir poco sconcertante l’atteggiamento di coloro i quali prima si sono rifiutati di incontrare Chiorazzo, per sfidarlo se mai sulle cose da fare. E poi si sono detti contrari a prescindere alla sua candidatura, per quanto egli si sia dichiarato disposto a concordare nei minimi dettagli un programma nel quale non vi sia spazio alcuno per l’autonomia differenziata di marca leghista, che punta a spaccare il Paese. O per quei metodi di governo posti in essere da Bardi, attraverso la cosiddetta «pieni-poteri», che hanno trasformato la Basilicata nella colonia d’Italia di personaggi senz’arte e né parte, sbarcati in via Verrastro per fare carriera a spese dei lucani. Altri cinque anni di «pieni-poteri», come quelli sperimentati nella legislatura che sta per finire, e la tenuta sociale di questa regione sarà solo un pallido ricordo.

Facciamo rilevare che quanti dicono “no” a Chiorazzo non hanno mai proposto uno o più nomi alternativi, intorno ai quali confrontarsi democraticamente, così da scegliere l’elemento migliore al quale affidare (elettori permettendo) il governo della Regione.

L'on. Vincenzo Viti
L’on. Vincenzo Viti

L’unica cosa che sentiamo ripetere anche da chi, come l’on. Vincenzo Viti, ha contribuito a innescare l’attuale crisi del centrosinistra con azioni personali non proprio commendevoli portate alla luce nel 2013 dalla magistratura potentina, è che non bisogna «ostinarsi» a sostenere un galantuomo come Angelo Chiorazzo. Così come sta facendo, per esempio, all’interno del Pd, l’on. Roberto Speranza. Nella cui azione, ha scritto Viti qualche giorno fa sul “Quotidiano”, sarebbe mancato «un pur minimo criterio suggerito dalle antiche pedagogie della politica».

Non se ne abbia a male l’anziano politico materano, che da giovani cronisti della “Gazzetta” intervistammo per la prima volta 50 anni fa, nella sua veste di assessore regionale della giunta Verrastro. Ma queste sue parole puzzano di naftalina. Richiamano alla mente rituali stantii e perdenti. Un po’ come i buoni consigli dati da tutti i vecchi, quando non sono più in grado di offrire cattivi esempi.

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