Il punto di vista di Nino Grasso – Quel colpo di mano dei consiglieri regionali che ha fatto aumentare lo stipendio di 2.000 euro al mese

Il punto di vista di Nino Grasso
È già legge il colpo di mano dei consiglieri regionali che ha fatto aumentare lo stipendio di 2.000 euro al mese.
È già legge il colpo di mano dei consiglieri regionali che ha fatto aumentare lo stipendio di 2.000 euro al mese.

Lungi da noi l’idea di voler dare lezioni al “Fatto Quotidiano”, diretto da Marco Travaglio: l’ideologo a 5 Stelle duro e puro. L’uomo che con i suoi “niet” alla candidatura probabilmente vincente di Angelo Chiorazzo alle scorse elezioni regionali ha contribuito a determinare la sconfitta del centrosinistra lucano e la riconferma del centrodestra guidato dal generale Vito Bardi.

Ricordiamolo: quei “niet” sono stati fatti propri alla vigilia del voto, manco fossero vangelo, dal leader nazionale dei pentastellati, Giuseppe Conte, e a cascata (improvvidamente) dalla stessa segretaria nazionale del Pd, Elly Schlein.

E sappiamo come è andata a finire.

In ogni caso, chiarito che non vogliamo dare lezioni ai maestri del giornalismo d’inchiesta e nel fare tanto di cappello ad uno “scoop” che ha riportato la Basilicata all’attenzione della cronaca nazionale, non possiamo al contempo evitare di evidenziare un paio di inesattezze contenute nell’articolo del 18 agosto scorso a firma di Paolo Frosina. Articolo che il “Fatto” ha dedicato al cosiddetto «auto-regalo» di 455 mila euro l’anno impacchettato nel silenzio generale dall’Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale.

La prima inesattezza – tutt’altro che di poco conto – è che, contrariamente a quanto scritto dal quotidiano romano, già a partire dalla fine del corrente mese di agosto, i 21 membri del parlamentino lucano potranno di fatto cominciare a contare su un aumento di stipendio di circa duemila euro al mese.

E questo perché dopo essere passata il 31 luglio in prima commissione, la legge dell’auto-regalo è stata approvata, quasi alla chetichella, con 12 «si», 7 astensioni e 2 assenti, al termine della seduta-fiume di venerdì 2 agosto 2024 dedicata, tra l’altro, come si ricorderà, al dibattito sulla relazione programmatica di Bardi e alla mozione delle minoranze contro la legge Calderoli sull’Autonomia differenziata.

La seconda inesattezza riportata dal “Fatto”, attiene al ruolo svolto proprio dal Movimento 5 Stelle.

E in particolare dalla consigliera regionale Viviana Verri, nella sua veste di segretaria dell’Ufficio di presidenza del Consiglio regionale. E come tale firmataria con Marcello Pittella (Azione) Maddalena Fazzari (Fdi) e Gianuario Aliandro (Fi) del progetto di legge col quale sono stati modificati alcuni articoli del testo unico che disciplina tutti i “benefit” dei consiglieri regionali lucani. Stando a quanto segnalato dal giornale di Travaglio, Viviana Verri sarebbe una sorta di campionessa della contraddizione, perché da consigliera dei 5 Stelle si sarebbe astenuta in prima commissione sulla stessa proposta di legge in precedenza varata, anche col suo voto, dall’Ufficio di presidenza del parlamentino lucano.

Non è così.

Chi si è astenuta in commissione è stata la capogruppo del Movimento: Alessia Araneo, non l’ex sindaca pentastellata di Pisticci. Questo per la verità dei fatti. Poi è evidente che c’è un aspetto paradossale che vale la pena segnalare ai nostri lettori. E cioè: l’unico esponente di centrosinistra al quale non può essere rinfacciato il cosiddetto «auto-regalo» che i giornalisti del “Fatto” hanno esposto al pubblico ludibrio nazionale, è proprio quell’Angelo Chiorazzo messo in croce, a suo tempo, da Marco Travaglio in persona.

Infatti, il mancato candidato presidente del centrosinistra, poi eletto in Consiglio regionale nelle file di Basilicata Casa Comune, pur essendo uno dei due “vice” di Pittella, non compare tra i firmatari del progetto di legge sostenuto dalla Verri e dagli altri tre componenti dell’Ufficio di presidenza. Non solo. Angelo Chiorazzo s’è assentato dall’aula Dinardo proprio qualche minuto prima che Marcello Pittella ponesse in votazione a passo di carica, con il piglio garibaldino che ben gli conosciamo, la proposta di legge incriminata.

Chiediamoci: è stata semplice coincidenza l’assenza di Chiorazzo all’atto della votazione?

Un’assenza se mai determinata dalla stanchezza accumulata dal leader di Bcc dopo una lunga giornata di lavoro? La prima alla quale egli si è esposto dopo il delicato intervento chirurgico subito nei mesi scorsi?

Oggettivamente, non lo sappiamo. Sta di fatto – ripetiamo – che il consigliere di Basilicata Casa Comune è stato l’unico (con Polese di Iv, anch’egli assente, per altre ragioni) a non votare la legge che in queste ore sta facendo gridare allo scandalo. Il che, tanto per il giornale di Travaglio, quanto per i grillini duri e puri, contrari da sempre ai privilegi della “casta”, può essere definita, a giusta ragione, una bella umiliazione.

Ovviamente, nel nostro piccolo, ci uniamo al coro dei delusi.

Perché oggettivamente non è stato un bel segnale quello che il 2 agosto scorso, nell’ultima seduta prima della pausa estiva, i 19 consiglieri presenti hanno inteso dare alla comunità da essi rappresentata: sia che abbiano votato a favore, come ha fatto il centrodestra; sia che dagli scranni delle minoranze si siano astenuti sulla proposta di legge a firma Pittella-Fazzari-Aliandro-Verri.

Non è stato un bel segnale sia per il metodo adottato che per il merito dello stesso provvedimento. Per intanto, trattandosi di una proposta bi-partisan (vero Verri?), sarebbe stato opportuno spiegarne la ratio con una bella conferenza stampa.

Mentre invece si è preferito varare la “riforma” in aula nel giro di pochissimi minuti, senza uno straccio di dibattito, col metodo tipico dei «carbonari» impegnati a far passare un atto maleodorante sotto il naso altrui, nella speranza di non far sentire la puzza. Tanto è vero che lo stesso “Fatto Quotidiano” – come appena raccontato – è rimasto fermo al via libera espresso nella Prima Commissione presieduta dal leghista Francesco Fanelli e non anche al voto favorevole manifestato il 2 agosto in sede assemblare.

Per quanto riguarda poi il merito del provvedimento, va sottolineato che d’ora in poi il plafond assegnato ad ogni consigliere per pagare i collaboratori passerà da 50 a 75 mila euro.

Ben 25 mila euro in più. Che è, guarda caso, lo stesso importo – o poco più – che gli eletti potranno trattenere per sé dal fondo mensile di 4500 euro destinato precedentemente per il 43% ad instaurare rapporti di lavoro con altre persone.

Ci spieghiamo meglio. Prima del 2 agosto scorso, di quei 4500 euro che mensilmente si vanno ad aggiungere allo stipendio di ogni consigliere regionale, ben 1950 euro dovevano necessariamente andare – con tutto il rispetto per gli interessati – a qualche “portaborse” regolarmente contrattualizzato. Invece, dopo l’ultima seduta del parlamentino lucano, e a seguito della pubblicazione della legge di “riforma” sul Bur del 12 agosto scorso, gli inquilini dell’aula Dinardo potranno trattenere per sé i 4500 euro, senza alcun obbligo di darne parte a chicchessia.

Il che significa, in soldoni, che i consiglieri regionali si sono di fatto aumentati lo stipendio, senza darlo a vedere. Almeno apparentemente.

E questo – ripetiamo – non è stato un bel segnale. Tanto da parte della maggioranza. Quanto degli stessi esponenti di opposizione. A partire da chi continua ad ogni pie’ sospinto a fare il «pierino» di turno, con il plateale intento di essere sempre il primo della classe agli occhi degli elettori lucani.

Nino Grasso

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