MATERA- In un mondo come quello della politica, pieno di aspiranti feudatari, Vincenzo Folino incarna l’anima popolare, fatta di senso pratico e di una buona dose di saggezza che è frutto dell’esperienza. E’ un tribuno della plebe, fiero di esserlo, il parlamentare di Sinistra italiana. Non ha timore di compiere gesti clamorosi, di utilizzare metafore, di parlare un linguaggio comprensibile a tutti. Non lo sentirete mai sproloquiare sui combinati disposti. Va dritto al tema senza giri di parole, perché pronunciare un sì o un no non è una questione di sfumature ma di sostanza. E’ il motivo per cui è uscito dal Pd, dove non si sentiva più a casa. Non ama galleggiare, farsi avvolgere dalla nebbia, è un uomo di montagna, abituato a respirare aria pura e a parlare chiaro senza timore delle conseguenze.
Domani saluterà Massimo D’Alema che a Potenza parlerà del No al Referendum, non potrà fare altrettanto con Piero Fassino, che a pochi passi sosterrà le ragioni del Sì. Ds contro Ds in un Pd in cui sono saltate le appartenenze, in cui il passato sembra rimosso definitivamente e non resta che il presente liquido e sfuggente come un referendum sulla costituzione che è diventato un voto di fiducia sul presidente del Consiglio. “E’ una cosa amara per me – dice Folino – che nello stesso giorno, alla stessa ora e nella stessa città, parlano due leader e segretari dei Ds. Questo significa che un popolo che era unito domani si dividerà per andare a sentire chi Fassino, chi D’Alema. L’elemento più negativo della politica renziana è stata quella di creare una divisione molto forte nel partito e nel Paese su un tema che avrebbe dovuto essere discusso con serenità”.
Certo è strano. La Basilicata dalemiana oggi è quasi tutta schierata col Sì…
“Al di là dei vizi italici per cui oggi si è tutti da una parte e domani tutti dall’altra, D’Alema è una persona molto seria ed è un grande amico della Basilicata. E’ stato un nostro amico quando abbiamo ottenuto dal governo il riconoscimento delle royalty del petrolio. Lo è stato nella battaglia di Scanzano quando si prodigò per far passare nell’assemblea nazionale Ds un documento a sostegno del popolo della Basilicata, è stato il nostro riferimento quando ci fu il terremoto nel Lagonegrese ed è cittadino onorario di Miglionico, quindi è un lucano anche lui. Credo che domani in molti saranno lì ad ascoltarlo, anche persone di diverso orientamento politico, amici di militanza democristiana”.
Eppure D’Alema oggi divide quanto Renzi…
“Io credo che abbia assunto una posizione chiara sul referendum ed è un fatto positivo perché ci ricorda che la materia costituzionale è trasversale, non può essere oggetto solo di mera lotta politica. E poi sottolinea il fatto che a difendere questa Costituzione non ci sono solo Salvini e Grillo ma anche un pezzo di centrosinistra. Il clamore attorno a lui è dovuto alle dichiarazioni e all’attenzione esasperata che gli riserva Renzi”.
Lunedì a Porta a Porta Napolitano, parlando della Legge truffa del ’53 contro cui il Pci si schierò compatto, ha evidenziato che, pur non essendo ancora entrato in Parlamento, per rispetto del partito avrebbe votato no. Oggi cos’è la disciplina di partito?
“Oggi non c’è più un partito, non ci sono più luoghi e sedi in cui poter partecipare. Ci sono i leader a Roma e tanti capetti locali che organizzano comitati elettorali. Ho visto Napolitano in grande difficoltà. E’ stato il riferimento di questa riforma ma adesso ammette che la riforma insieme a quella elettorale crea un problema. Ho grande rispetto per lui ma non dimentico che è stato l’uomo del governo Monti e ha enormi responsabilità per questa situazione”.
Il Pd lucano assomiglia tanto alla Scozia medievale con famiglie e clan che hanno sostituito le correnti… (Interrompe la domanda)
“Non voglio parlare del Pd. Ho fatto la mia scelta in coerenza con la mia storia e con la mia coscienza. Domani al Motel Park a sentire D’Alema ci saranno tante persone come me che sono fuori dal Pd ma anche tanti militanti del Pd che si riconoscono nelle posizioni di Lacorazza e Speranza. C’è da chiedersi cosa succederà il 5 dicembre. Io penso che se vince il Sì la febbre politica si accentuerà, se invece vince il No ci sarà tempo per riflettere e tentare di governare la dialettica politica senza destabilizzare le istituzioni. Il mio è un No ricostruttore anche di un nuovo centrosinistra perché l’attuale Pd che insegue Grillo e Salvini sul loro terreno non funziona. E lo abbiamo visto in America: la gente sceglie i populisti veri e penalizza le forze riformiste che non sono in grado di dare risposte ai processi di globalizzazione. Non serve un centrosinistra che vuol governare il Paese col 30 percento dei voti ma un centrosinistra che vuol farlo con alleanze più ampie diverse dal patto del Nazareno. Le famiglie soffrono non per il bicameralismo ma per i deficit infrastrutturali e logistici, per i costi energetici elevati, per il sistema del credito che ha dato tutto ai propri amici e ora nega anche l’ossigeno alle aziende che vogliono riorganizzarsi, per la burocrazia figlia dello scarso spirito civico che ci contraddistingue, e per la corruzione, per i tempi della giustizia. Quando si è voluto la riforma Fornero è stata fatta in pochi giorni così come il job act e la riforma della scuola. I problemi si risolvono con la politica non destrutturando le Istituzioni”.
Infrastrutture e energia due temi che in Basilicata sono molto sensibili. Ci sono state troppe attese oppure c’è stata incapacità gestionale in questi anni?
“Io credo che sul tema energia ci sia un doppio paradosso: qui viene prelevata una quota consistente di quasi il 10 percento del fabbisogno energetico nazionale. In Basilicata però l’energia costa di più, non si è riusciti nemmeno ad utilizzare in maniera intelligente le royalty per creare opportunità di sviluppo. Un po’ perché c’è stato lassismo nella politica regionale, scarsa capacità, nell’utilizzare le risorse per attivare processi di sviluppo più che per migliorare la qualità urbana, un po’ anche perché ci avviavamo, dieci anni fa, verso una grande crisi. Non è stato fatto quanto si poteva per promuovere azioni di sviluppo. Anche per la difesa del territorio dai rischi ambientali e idrogeologici. E’ stata un’occasione perduta perché le royalty sono state usate “a tiretto”, tirando fuori i soldi per i bisogni emergenziali, senza adeguata programmazione. Questo ha creato effetto doping per la spesa regionale che, unitamente ad altri errori, ha portato al grave impasse che si è determinato sul bilancio regionale con la mancata parifica del bilancio. Leggo che qualcuno se la vuole cavare buttando la croce sul passato. Vorrei far rilevare che Pittella è stato nel Governo regionale dal 2011”.
A proposito di Corte dei Conti, viene in mente scontrinopoli. Anche lei dovrà restituire circa 3mila euro. E’ l’importo più basso ma la condanna c’è. Come commenta questa vicenda?
“Io sono stato condannato a dover restituire questa somma. Penso di non aver sbagliato ma riconosco che il sistema era sbagliato e quindi chi sbaglia paga. Tuttavia non aver rendicontato in maniera specifica come dice oggi la Corte dei Conti non significa aver agito in malafede o aver raggirato le norme e l’ufficio di presidenza del consiglio regionale che, da me diretto, dispose nel settembre 2010 (ben due anni prima della nota vicenda di batman alla Regione Lazio) i controlli sui rimborsi e poi adottò nel 2012 un nuovo regolamento molto più stringente”.
Tornando alla vicenda del petrolio e della gestione politica degli ultimi dieci anni lei non può tirarsi fuori dalle responsabilità, non crede?
“Assolutamente sì, ho delle responsabilità anch’io anche se è noto che su queste questioni c’è stata una dialettica molto forte nel centro sinistra e nel Pd e io sono sempre rimasto un po’ isolato basterebbe ricordare…”
Lo scontro con De Filippo?
“Più che scontro è stata diversità di visioni”
Molto accesa però con polemiche aspre…
“Sì è così. Io ho sempre detto che vedevo la politica troppo ripiegata sulla gestione delle risorse più che sulla programmazione. Il fatto è che alle royalty è stato dato un valore eccessivo forse perché gli introiti erano altissimi negli anni passati per il prezzo del petrolio e chi ha governato si sentiva potentissimo. E’ stato un altro grave errore. Avremmo dovuto invece, e qui c’è un concorso di colpe della classe dirigente regionale, pretendere dallo Stato il rispetto degli impegni ad esempio sulle infrastrutture magari utilizzando le royalty per potenziare gli investimenti. Per questo mancato raccordo di programmazione tra Stato e Regione la Basilicata presenta ancora oggi un deficit enorme di accessibilità”.
E’ arrivato, invece, in tempi recenti, lo Sblocca Italia…
“Quello è stato il colpo di grazia ed è stato il motivo della mia uscita dal Pd. Lo Sblocca Italia è stata una medicina controindicata per le estrazioni in terra. Dopo 15 anni di estrazioni, anziché lavorare per superare le criticità e le cose che non avevano funzionato sul tema della tutela ambientale e della salute, si fa un decreto che dà mano libera alle compagnie petrolifere. Addirittura Renzi, quando viene presentato il referendum anti trivelle, ne approfitta per eliminare il comma 1 bis dell’articolo 38 che prevedeva il raccordo Stato-Regioni per le estrazioni. Poi non contento, il presidente del Consiglio quando scoppia il caso giudiziario si schiera dalla parte dell’Eni e non, come avrebbe dovuto fare un premier, dalla parte dei cittadini lucani e mostrando fiducia nell’operato della magistratura. Renzi al contrario attacca i magistrati, a torto visto che i fatti dimostrano che ci avevano visto giusto. Dopo tutte queste malefatte per la Basilicata, ora che è venuto qui non ha avuto nessun accenno autocritico. Eppure la riforma costituzionale porta problemi per noi. Non per la Sicilia che essendo a statuto speciale conserva intatti i suoi poteri sulle estrazioni”.
Un’ultima riflessione sul tema infrastrutture e sull’isolamento di Matera. Lei ha presentato una risoluzione e un emendamento alla finanziaria per la ferrovia Matera-Ferrandina. Renzi sembra essere convinto nel portare avanti il progetto. E’ fiducioso?
“Lo ha detto ieri con un tweet. Spero che dica la verità. Nelle prossime ore la Commissione bilancio discuterà gli emendamenti che i parlamentari lucani hanno presentato e si vedrà quanto valgono le chiacchiere. Credo che Renzi si sia reso conto, anche per come la stampa ha gestito questa vicenda, in primo luogo il vostro giornale, che si tratta di un’opera importante per la Basilicata. Nella mia risoluzione parlo di un collegamento trasversale che da Salerno porta a Bari passando da Potenza e Matera. Si tratta di una strategia ampia per collegare la regione e rafforzare le relazioni con i territori contigui in un’ottica di sviluppo comune per tutto il Sud. Mi rendo conto che mentre noi pensiamo questo, ci sono persone che pensano allo scartamento ridotto per gestire questa tratta. Sono cose fuori dalla grazia di Dio. Come l’idea di cambiare i colori all’intercity Roma-Taranto, camuffandolo da Frecciarossa. C’è il problema della tratta Eboli-Potenza e bisogna intervenire lì ammodernando il tracciato in un tratto di soli 40 chilometri. Invece ci piace vestire a maschera i treni. Spero che Renzi mantenga la parola. Anche perché dopo aver dato tanti soldi a De Luca e alla Campania, se ci dà qualcosa pure a noi male non fa”.