Contestato il ricorso massiccio al contratto di solidarietà: “Lavoriamo 3 giorni al mese”. Nel mirino l’accordo sottoscritto a luglio 2022 con il placet di Regione e parti sociali: “Una leva gestionale per tagliare il personale”
MELFI- Determinarono una delle più grandi sconfitte subite dalle organizzazioni sindacali e dai partiti, con in testa il Pci dell’allora segretario Enrico Berlinguer, sconvolgendo inaspettatamente il clima caldissimo, sul fronte sociale e lavorativo, che caratterizzò l’autunno del 1980 a Torino. Quando per oltre un mese scioperi, picchetti e manifestazioni fermarono l’attività produttiva alla Fiat contro l’intenzione dell’industria più importante del Paese di mandare a casa circa 14mila operai. 35 giorni che culminarono in quella che viene ricordata come la marcia dei “quarantamila colletti bianchi”. Gli impiegati di Mirafiori riuscirono a convogliare intorno al loro dissenso le energie dei torinesi, che scesero in piazza per la prima volta opponendosi alla protesta delle tute blu.
Un evento che ha fatto la storia sindacale e politica italiana, ma non più replicabile (del resto come tutti i grandi fatti) nel contesto vissuto oggi, totalmente sovvertito. Sì, perché se a protestare attualmente contro le scelte industriali del quarto gruppo mondiale del comparto automotive sono anche i colletti bianchi vuol dire proprio che in Basilicata la questione è più grave di quanto si possa ritenere.
Per ovvie ragioni preferisce rimanere nell’anonimato, disposto a fare luce, invece, sulle condizioni lavorative sopportate da tempo dagli impiegati dello stabilimento Stellantis di San Nicola di Melfi. Contro i quali, circa 500, si starebbe abbattendo un vero e proprio ciclone, alla luce delle difficoltà nel far valere le proprie ragioni a differenza di quanto accade per i lavoratori impegnati sulle linee Stellantis e su quelle delle aziende dell’indotto. Nessuna sigla sindacale, a suo dire, si è mai preoccupata e impegnata a rappresentare le istanze dei colletti bianchi, che provano ad alzare la voce da queste colonne. I problemi per gli impiegati di Melfi, iniziano il 20 luglio scorso, quando fu siglato l’accordo che di fatto ha dato il via libera alla proroga della cassa integrazione e ai contratti di solidarietà, come previsto all’art. 22 bis del D.Lgs. n. 148 del 2015. Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, azienda, Regione Basilicata e le parti sociali, sottoscrissero l’intesa della durata di un anno, a decorrere dall’8 agosto 2022.
Sembrerebbe un buon risultato. Cosa sta accadendo?
Ritengo sia importante, anzi doveroso, portare a conoscenza dell’opinione pubblica cosa sta succedendo ad alcuni impiegati della Fca Italy Spa, oggi Stellantis, di San Nicola di Melfi. Certo, per molti parrebbe un buon risultato, ma purtroppo, per noi impiegati è l’inizio di una vera e propria odissea. Nel verbale di accordo sono riportati 15 punti che le parti presenti hanno sottoscritto, senza rendersi conto che per l’azienda sarebbero diventati una leva gestionale, un vero e proprio strumento di ricatto, per una parte dei dipendenti di Stellantis: gli impiegati. Dopo solo cinque mesi dall’accordo sui contratti di solidarietà, iniziano le prime discriminazioni tra impiegati.
Le sue affermazioni sono abbastanza preoccupanti. Potrebbe essere più chiaro spiegando in che modo Stellantis starebbe discriminando una parte importante dei suoi dipendenti.
Alcuni di noi vengono ritenuti inutili dall’azienda o dall’ufficio di appartenenza e, nonostante, la preparazione tecnica e gestionale, oltre alla nota disponibilità a cambiare reparto, siamo in Cds, strumento utilizzato in modo massiccio. È scandaloso quello che sta accadendo a circa 50 impiegati. Sorte che suppongo toccherà anche al resto. Ormai sono già diversi mesi che l’azienda ha cambiato il calendario di presenza ad un nutrito numero di impiegati. Il calendario prevede 3 giorni lavorativi al mese ed i rimanenti giorni di solidarietà e il tutto accompagnato da un assordante silenzio dei sindacati.
Come spiega questo silenzio, considerando che proprio su Stellantis si concentrato buona parte delle attenzioni dei sindacati lucani.
Fa specie, in modo particolare, l’assenza del sindacato degli impiegati Aqcf, che l’azienda ha fortemente voluto per tutelare i colletti bianchi e nel quale ha inserito, però, i profili più consoni al proprio controllo, che dimostra qual è la strategia aziendale. Questo modo di agire di Stellantis nello stabilimento lucano sta portando i frutti auspicati, infatti, l’uso improprio e massiccio dei contratti di solidarietà esaspera economicamente e psicologicamente gli impiegati coinvolti, portandoli in alcuni casi a dover scegliere tra le due uniche soluzioni prospettate dalla stessa azienda, con la complicità di tutte le sigle sindacali. La prima è il demansionamento volontario. Che, intendiamoci, volontario non è se a fare tale proposta è la stessa azienda come soluzione per rientrare a lavorare tutti i giorni. La seconda è l’incentivo all’esodo, licenziamento con un bonus di uscita che varia in base all’età e che per gli over 50 arriva fino a 85mila euro lordi.
La richiesta della cassa integrazione e dei contratti di solidarietà nasce dalla necessità di proseguire la realizzazione del piano riorganizzativo dello stabilimento di Melfi, attuato (citando il verbale di accordo) non solo per fronteggiare gli effetti della complessiva situazione di mercato contrassegnato dalla mancanza delle forniture, ma come ben noto per intraprendere il processo di trasformazione e transizione energetica e tecnologica.
Prima o poi la transizione energetica porterà ad un ridimensionamento dell’organico interno. Ciò è un fatto noto a tutto il mondo del lavoro legato all’automotive, ma gli strumenti e i metodi utilizzati in altri stabilimenti non sono quelli messi in campo, oggi, da Stellantis. Alcuni impiegati stanno provando a percorrere le vie legali, ed hanno denunciato agli organi di competenza l’uso improprio che si sta facendo dei contratti di solidarietà. Queste iniziative, queste denunce, purtroppo, per timori di ritorsioni, non sono state condivise e portate avanti, in modo collegiale da tutti gli impiegati coinvolti. Ecco perché parlo di ricatto.
La mancata coesione tra gli impiegati sta compromettendo l’attenzione alle vostre rivendicazioni?
Questo modo di agire dell’Azienda nei confronti della figura impiegatizia non ha generato in nessun modo disaccordi o prese di posizione delle parti sociali, i sindacati che in questi ultimi mesi stanno scrivendo tonnellate di fogli di carta, sono a conoscenza dell’incresciosa situazione economica e psicologica che circa 50 impiegati stanno vivendo e pure tutto tace, nessuno ne parla, forse perché il padrone paga, il padrone decide, il padrone dice cosa si può fare o cosa si può scrivere.