di Pio Belmonte*
Il centrodestra lucano, comprensibilmente eccitato dalla prospettiva di battere il ”partito regione”, indebolito da anni di fallimenti politici e scandali giudiziari, si sta facendo prendere dall’ansia, ansia da prestazione. Fratelli d’Italia, che può vantare molti anni di opposizione strenua e coraggiosa, ha provato a tracciare un’idea strategica da oltre un mese. Conosciamo bene il “sistema”, per esserci scontrati col ”mostro” numerose volte nei consigli municipali e regionale; ne conosciamo le astuzie, le torbide cointeressenze con dirigenti e funzionari infedeli, le mille malizie di chi ha imparato a piegare ai propri interessi elettorali mille filiere, pubbliche e persino private. Con la massima modestia, ma dall’alto di questa esperienza, abbiamo creduto fin da subito che al centrodestra, per vincere, servano due cose: anzitutto l’unità della coalizione, perchè i Lucani non capirebbero le divisioni: chi si candida a sovvertire l’ordine costituito targato Pd non può presentarsi, già in campagna elettorale, come una combric cola incapace di sintesi; poi, liste composte da persone non coinvolte in inciuci e compromessi (non è un mistero che una certa parte del centrodestra, finora, sia stata o poco incisiva, o addirittura allegramente consociativa). Crediamo sia una ricetta semplice, frutto del buon senso di chi da molti anni è già impegnato, rimettendoci del suo, a combattere questo sistema. Una ricetta che molti alleati, infatti, hanno già condiviso, dando corpo a una diplomazia che in questi giorni sta prendendo lentamente quota. Dunque unità del centrodestra (e, se possibile, di tutte le forze anti-sistema) e candidati credibili, non compromessi col sistema che dovremmo debellare. Ci sarebbe da chiedersi come si possa non essere d’accordo! Purtroppo però, dobbiamo rilevare che non tutti condividono questo approccio: Qualcuno, nel tentativo – forse – di dare un segnale di rottura e novità, rischia di frantumare il già debole fronte che si prepara a contrastare le legioni di raccomandati, corrotti e mantenuti che il Pd sta intruppando già in questi giorni verso le urne, regalando a piene mani poltrone, stipendi, elemosine e regalie di vario genere. Ci riferiamo al segretario della Lega, Cappiello, il quale, dopo essersi segnalato per una tiepida partecipazione ai tavoli finora aperti (e dopo essersi visto rimandare indietro, almeno finora, la proposta di alleanza regionale con il M5S), ha rilanciato nuovamente un messaggio difficile da decifrare: il candidato presidente deve andare alla Lega, o la Lega andrà da sola. Noi la pensiamo diversamente. Noi vorremmo parlare di metodo e di idee, vorremmo provare a far passare la rivoluzione delle liste ”senza inciuci”, vorremmo costituire una base di candidati (condivisa tra gli alleati e le forze civiche) senza scheletri nell’armadio (cioè, gente che non vada vendendosi al migliore offerente a seconda del vento), competenti e autorevoli. E poi – perchè no? – ci piacerebbe anche che i candidati siano animati anche dal sacro fuoco della rivoluzione, perché la sfida è proprio questa. Il nome del candidato presidente, crediamo, sarà la naturale conseguenza di queste premesse. Abbiamo anche proposto a tutti gli alleati di rendere pubblica fin da subito, già in campagna elettorale, la squadra del futuro governo del rinascimento lucano, e crediamo che anche questa sia una vera novità. Ma è scoraggiante vedere oggi che il segretario regionale di un importante partito della coalizione ignori tutto questo, e in particolare ignori la nostra storia di opposizione (dove spesso eravamo soli…) e il nostro passato senza macchia e senza compromessi (sfidiamo chiunque a dire il contrario). E soprattutto non si capisce: se il centrodestra che in questi giorni si riunisce per ragionare accettasse la proposta di Cappiello, quale sarebbe il perimetro – diciamo così – della coalizione? Potrebbe salire sul nostro stesso palco chi ha sostenuto (o si è fatto sostenere) da quel governatore oggi agli arresti per avere usato la Lucania come carta igienica? Dalle comunicazioni di Cappiello parrebbe che la questione sia secondaria. Noi non siamo d’accordo, e ci sembra che Cappiello stia utilizzando il successo nazionale del bravissimo Matteo Salvini per imbastire un discorso ad uso personalistico, cioè, proprio quello che dovremmo evitare, se non vogliamo rischiare di mandare il messaggio sbagliato agli elettori. Il cambiamento parte dall’unità del fronte antisistema e dal rinnovamento della classe dirigente, sostituendo quella vecchia, consociativa e incapace, con una nuova, sana e preparata; crediamo che alla Lega per prima dovrebbe far piacere questo scenario. Il cambiamento non può partire dal ”levati tu che mi metto io”, un modo sbagliato di iniziare un’avventura di governo, certamente destinato al fallimento. Peraltro, spiace dover ricordare che sul carro della Lega lucana, dopo il travolgente successo nazionale, sono saliti esponenti, e addirittura un sindaco, legati al centrosinistra regionale. Ricordiamo invece che Fratelli d’Italia, al contrario, ha espulso quelli che si sono sottratti alla lotta contro la Banda Bassotti che ci governa, anche se erano segretari di partito e assessori di capoluogo. E allora: il cambiamento si fa ragionando con attenzione sulla sfida e sulle sue difficoltà, senza credere di avere la vittoria in tasca, specie se per meriti altrui. Anche il bravissimo Matteo Salvini ha avuto bisogno di molti anni per costruire la sua vittoria, ed ha cominciato, comunque, da un grande partito con una forte coesione ideale, strutturato e radicatissimo sul territorio. L’ansia da prestazione, spesso, causa la sublimazione precoce dei ”sogni di gloria”. Non è bello, dopo, doversi assumere la responsabilità di simili cadute. Invitiamo pertanto Cappiello a sotterrare l’ascia di guerra, tenuta sotto terra sinora, ancora per un po’ di tempo, e sedersi con fiducia a discutere con chi combatte per questa terra da molto, moltissimo tempo.
*Direzione nazionale Fratelli d’Italia