POTENZA- “Lega! Lega! Lega!”, urlano ora in tanti. Ma quanti, tra questi, soprattutto nella rossa Basilicata, si sgolavano con tutt’altre sigle solo fino a qualche anno fa? Sono i professionisti della rincorsa al potere. Sempre pronti a rinnegare il proprio passato, non le proprie idee, ad avercele quelle. Di solito ne hanno una sola: si chiama poltrona. E di questi tempi, il carro sul quale si prova a salire è appunto quello di Salvini. Non fa eccezione naturalmente la Basilicata dove i nuovi leghisti spuntano come funghi. E dove siamo già al secondo tempo della ”guerra” per il controllo del partito. Che vuol dire, soprattutto, controllo delle candidature. Di quelle utili all’elezione, ovvio. A iniziare dalla propria. Il primo tempo è andato in scena prima delle scorse elezioni regionali, quando a farne le spese è stato l’allora segretario regionale Antonio Cappiello. Preso e messo da parte. Hanno vinto i “Pepe boys”. Quando però in un partito la logica è quella della conquista del comando, per questioni poco leghiste ma molto opportuniste, a una guerra ne segue sempre un’altra. Ed è quello che sta accadendo in queste ultime settimane. Con uno scontro diventato di fuoco. Quasi corpo a corpo. Leghisti da legare. Le sceneggiate si sono consumate lunedì scorso a Matera in una sala dell’hotel San Domenico. Presente l’intero stato maggiore della Lega lucana. Dal senatore Pepe a tutti i consiglieri regionali, dai sindaci ai segretari provinciali. E poi il commissario Liuni, “quello venuto dal Nord” e che lì vorrebbero rispedire, ma anche Andrea Crippa, il vice nazionale di Salvini, nuova buca delle lettere dei veleni lucani (attenzione a chi le imbuca).
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di Dario Cennamo