Mafia, i tentacoli del clan Schettino nel Metapontino su politica e appalti

POTENZA – “Soggetti dediti al crimine, pronti ad usare la forza intimidatrice dell’appartenere al sodalizio per imporsi e prevaricare; indifferenti verso la vita altrui; pronti ad impiegare le armi (di cui hanno dimostrato di essere cospicuamente forniti e che non sono state ancora rinvenute -dovendosene ricavare che sono ancora nella disponibilità degli indagati) per risolvere contrasti (anche interni) e screzi; hanno intessuto solidi rapporti di comunanza e collaborazione con altri gruppi mafiosi operanti in Calabria e Puglia”. Così il gip Lucio Setola, nell’ordinanza di custodia cautelare che ha portato a sgominare il clan Schettino operante nel Metapontino, riassume le tipicità del sodalizio criminale capeggiato, secondo l’accusa, dall’ex carabiniere e con base operativa a Scanzano Jonico. Nell’ordinanza il giudice evidenzia come gli arrestati siano interessati ad inserirsi nel tessuto economico-produttivo del territorio: “Stanno ponendo in essere articolate attività di infiltrazione sia nel tessuto sociale ed economico locale, sia nel contesto delle imprese edili impegnate anche in ambito nazionale, sia nelle compagini politiche. Il fatto stesso che i rispettivi capitali accumulati negli anni grazie ai traffici illeciti dagli stessi portati avanti resti, allo stato, ancora nella loro disponibilità (atteso che non è stata avanzata alcuna richiesta di sequestro) costituisce ulteriore elemento da dover tener presente sotto il profilo dell’attualità e permanenza delle esigenze cautelari”.

 

Approfondimenti sull’edizione cartacea de “La Nuova del Sud”

di Fabrizio Di Vito