Matera 2019, è l’anno del riscatto. Ma la Basilicata resta alla finestra

MATERA- Sono tutti vestiti a festa. Oggi è il battesimo, dopo cinque anni di difficile gestazione. Da modesta città di provincia, con il marchio indelebile della miseria, Matera diventa Capitale Europea. Tra Sassi e vicoli impervi e scoscesi, nelle strade della modernità e del benessere, si respira l’aria che solo la multietnia e la multicultura sanno creare. Il dialetto è scomparso. E’ tornata prepotente la lingua italiana senza cadenze e si è inserito quell’inglese che serve per sbrigare i clienti. Non è perfetto, ma concreto. Tra il panettiere che si sforza di presentare i suoi prodotti come unici al mondo e gli albergatori che possono anche snobbarti per le ridotte capienze e le molte prenotazioni, il pendolo del progresso oscilla senza soste. La miseria è capitolo del passato. Dimenticato. La si può soltanto immaginare e rispolverare nelle ingiallite pagine del “Cristo” di Levi, che proprio qui ha lasciato la sua arte. Si può solo immaginare ciò che accadeva negli anni Trenta, quando la malaria e la tubercolosi falciavano la vita dei neonati in una percentuale oggi insopportabile. Non esistono più fazzoletti di cultura contadina e di Scotellaro, Mazzarone, Fiore, Giuralongo, Sacco e di tutta l’élite di intellettuali che auspicavano il riscatto della città resta solo il ricordo sbiadito dal tempo. Non si ricorda più neppure lo stupore di Togliatti, De Gasperi, Olivetti di fronte allo scenario di povertà assoluta, nè si ha la minima conoscenza di quella legge speciale che portò all’evacuazione dei sassi e al trasferimento dei contadini nei nuovi quartieri.

 

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