POTENZA – E se si avverasse la profezia lanciata nella nottata del 9 giugno 2014 quando al ballottaggio con Luigi Petrone ha fatto la storia e fu eletto il primo sindaco di Potenza del centrodestra? Allora, Dario De Luca, insieme allo storico tweet – ”Davide sconfigge Golia” – festeggiando con i pochi amici di coalizione (li definiva “gladiatori”) che lo portarono al successo contro l’armata del centrosinistra, si spinse oltre: «Abbiamo intrapreso la via del cambiamento che ci ha portati alla conquista della città e tra qualche anno a quella della Regione. Noi ci crediamo». Non è un mistero che sono diversi e da più parti i tentativi di accaparrarsi il sindaco del capoluogo come candidato Governatore. Tentativi che trovano spazio in particolare ad opera di quanti, singolarmente o attraverso movimenti, partitini, gruppi, hanno in mente una proposta politica di civismo autonomo dai due schieramenti principali (centrodestra e centrosinistra) ma soprattutto in grado di attrarre elettori dei due blocchi. Una proposta con uno spessore maggiore rispetto a quella lanciata da Lasorella se non altro perché punta su un protagonista (amato o odiato, proprio come si divide la città) dell’amministrazione locale che ha già dimostrato cosa sa e può fare. Del resto, De Luca la strada della decontaminazione dai partiti l’ha già sperimentata con le sue giunte municipali a maggioranza variabile e con il dialogo aperto a sinistra. Al punto che già nel 2015 qualcuno, da destra, gridò allo scandalo per la sua partecipazione alla manifestazione dell’allora Art.1 di Roberto Speranza e successivamente, due anni dopo, da sinistra, all’incontro a Matera di quello che dove essere un nuovo cartello di amministratori di centrodestra, “Il Sud in testa”, poi naufragato. Ricercato da centro, sinistra e destra, il sindaco, a poco più di quattro anni dalla sua elezione, è ancor più considerato quel “valore aggiunto” indispensabile per la vittoria alle regionali.
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di Arturo Giglio