POTENZA – A poche ore dalla votazione definitiva il mondo della politica è ancora diviso sulla convenienza o meno del taglio delle poltrone, discussione che agita anche il mondo dei giuristi. Infatti se da una parte assicura un risparmio alle casse dello Stato, dall’altro causa l’indebolimento del potere di rappresentanza popolare. Ieri mattina – tra pochi intimi – è iniziata alla Camera l’ultima discussione sulla riforma costituzionale per il taglio del numero dei parlamentari che, se approvata definitivamente, ridurrà il numero dei deputati da 630 a 400 e quello dei senatori da 315 a 200. La riforma è stata fortemente voluta dal Movimento 5 Stelle e la sua approvazione ha costituito uno dei requisiti per la formazione del secondo governo Conte insieme a Pd e Leu. L’ultimo voto dovrebbe arrivare oggi: la riforma dovrebbe passare con una larga maggioranza, soprattutto se alla fine il centrodestra deciderà di votare “Sì” insieme a Pd e Movimento 5 Stelle (Forza Italia e Lega hanno già annunciato il voto a favore). Non mancheranno alcuni distinguo, che dovrebbero però essere isolati. Se anche la riforma fosse approvata, comunque, non entrerà immediatamente in vigore. Nei tre mesi successivi alla sua pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale, infatti, potrebbe essere presentata una richiesta di referendum confermativo. La richiesta può essere presentata da un quinto dei membri di una delle due camere, da 500 mila elettori oppure da cinque consigli regionali. Il referendum confermativo, come quello che si tenne nel 2016 per decidere sulla riforma costituzionale voluta da Matteo Renzi, non prevede quorum e stabilisce che la riforma venga respinta se i “No” superano i “Sì” anche di un voto soltanto.
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di Celestino Benedetto