Vaccino in anticipo, la difesa del vescovo Ligorio: “Nessun trattamento di favore”. E intanto spuntano altri indagati

POTENZA – “Nessun trattamento di favore”. Questa la replica del vescovo della diocesi di Potenza, monsignor Salvatore Ligorio, alla notizia, pubblicata ieri in esclusiva dalla Nuova, della sua iscrizione nel registro degli indagati per concorso in peculato per aver ricevuto presso l’ex Don Uva di Potenza la prima dose del vaccino anti-Covid il 6 gennaio del 2021, in un momento in cui la campagna vaccinale era riservata esclusivamente al personale sanitario e agli ospiti e operatori delle residenze per anziani.

Il suo avvocato, Donatello Cimadomo, ha presentato in procura una memoria difensiva, all’interno della quale si sostiene che non ci sia stato alcun privilegio nei confronti di monsignor Ligorio, dal momento che la vaccinazione era connessa alla frequentazione della struttura residenziale per anziani e disabili per motivi legati al suo ministero. Tra gli indagati, lo ricordiamo, oltre al vescovo figurano, con la stessa ipotesi di reato, proprio i vertici della struttura potentina, ovvero il direttore sanitario Rocco Maglietta, il direttore amministrativo Roberto Galante (entrambi hanno negato ogni addebito durante l’interrogatorio) e il coordinatore infermieristico Francesco Sagaria. Sarebbe stato quest’ultimo ad iniettare la dose Pfizer all’alto prelato, ma “su istigazione di Angela Maria Sabia” secondo l’accusa. Quest’ultima, al secolo Suor Carla (prima dell’avvento di Universo Salute la struttura era gestita proprio dalle suore dell’ordine delle Ancelle della Divina Provvidenza), è a sua volta indagata, sempre per concorso in peculato. Ma sono almeno altre 4 le vaccinazioni sulle quali la procura di Potenza ha acceso i riflettori con il numero totale degli indagati che al momento sale a nove.

(Maggiori dettagli sull’edizione cartacea e digitale odierna de La Nuova del Sud)