Il pentito Cossidente: “Maria Chindamo uccisa e data in pasto ai maiali”

POTENZA – E’ stato proprio lui, il boss pentito di un clan che per la Cassazione non è mai esistito, a squarciare il velo su quello che sin dai primi momenti era sembrato un omicidio che potesse in qualche modo essere legato o addirittura firmato ‘ndrangheta. Antonio Cossidente, il potentino che ormai da oltre dieci anni collabora con la giustizia e per anni ritenuto il capo della cosiddetta “Quinta mafia” lucana, ha fornito alla Dda di Catanzaro una sconvolgente ed inquietante versione sulla fine di Maria Chindamo, l’imprenditrice di Laureana di Borrello rapita e fatta sparire la mattina del 6 maggio 2016 dinanzi alla sua tenuta agricola di località “Montalto” di Limbadi, in provincia di Vibo Valentia.

Emerge da alcuni verbali del collaboratore di giustizia Antonio Cossidente, 55 anni, di Potenza, con un passato nel clan dei Basilischi. Durante la detenzione comune in un carcere riservato proprio ai collaboratori di giustizia, Cossidente avrebbe condiviso la cella con Emanuele Mancuso, il rampollo dell’omonimo clan che dal 2018 ha deciso di intraprendere un percorso diverso da quello di suo padre, il boss Pantaleone Mancuso. “Emanuele Mancuso – si legge nel verbale delle dichiarazioni rese da Cossidente – mi disse che era scomparsa una donna a Limbadi: un’imprenditrice di Laureana di Borrello, la Chindamo. Mi disse che lui era amico di un grosso trafficante di cocaina, detto Pinnolaro, legato alla famiglia Mancuso da vincoli storici e mi disse che per la scomparsa della donna, avvenuta qualche anno fa, c’era di mezzo questo Pinnolaro che voleva acquistare i terreni della donna in quanto erano confinanti con le terre di sua proprietà. Pinnolaro – continua il collaboratore Cossidente – aveva pure degli animali, credo che facesse il pastore e questa donna si era rifiutata di cedere le proprietà a questa persona”. Ma chi è Pinnolaro? In realtà si tratta del soprannome di Salvatore Ascone, ovvero il 53enne di Limbadi inizialmente arrestato con l’accusa di concorso in omicidio proprio in relazione al caso Chindamo, ma poi rimesso in libertà su decisione del Riesame. Ma che fine avrebbe fatto Maria Chindamo: “Emanuele – ha dichiarato ancora l’ex boss dei Basilischi – mi disse che la donna venne fatta macinare con un trattore o data in pasto ai maiali”. Gli inquirenti ora cercheranno riscontri al racconto reso nel febbraio 2020 da Antonio Cossidente per provare a chiudere il cerchio su un mistero che ormai non trova soluzione da quasi cinque anni.