di Nino Grasso
Per quanto fossero a conoscenza da giorni della volontà manifestata dal popolo dei trattori della Basilicata di marciare su Potenza, tanto il presidente della Regione, Vito Bardi, quanto l’assessore esterno all’Agricoltura, Alessandro Galella, di Fratelli d’Italia, si sono guardati bene, giovedì scorso, dal farsi trovare sul posto di lavoro. Il primo, rifugiandosi a Roma. L’altro a Berlino. Ovviamente dopo che entrambi, nelle ore precedenti, insieme ad un centinaio di accompagnatori, erano stati a Milano, impegnati ad offrire un po’ di tartine alla ministra Daniela Santanchè e ai visitatori della Borsa del Turismo a spese dell’Apt.
Non che l’assenza del generale Bardi in occasione dell’annunciata protesta abbia sorpreso più di tanto gli addetti ai lavori. Perché sin da quando egli si è insediato alla guida della Regione, non è mai stato nelle corde del governatore in carica occuparsi in prima persona delle emergenze del momento. Solo che giovedì scorso, sotto il balcone della presidenza del palazzo di via Verrastro, il popolo del trattori l’ha presa male. Non si è accontentato della presenza del colonnello Michele Busciolano. Il capo di gabinetto prezzemolo in ogni minestra, espostosi, in ossequio agli ordini ricevuti, ai fischi della piazza e a qualche improperio di troppo, in compagnia della direttrice generale dell’Agricoltura, Emilia Piemontese, e del dirigente Vittorio Restaino: l’unico dei tre che in quel consesso sapeva di cosa si stesse parlando.
Nessun altro componente della giunta regionale ha avuto il buon gusto di farsi vedere.
Forse per paura di beccarsi un uovo in faccia, per quanto la situazione, al di là di qualche momento di tensione addebitabile proprio all’assenza di Bardi e Galella, sia sempre stata sotto il controllo delle forze dell’ordine. Nulla da dire: Polizia e Carabinieri sono stati professionalmente ineccepibili. Ciò nonostante, come dicevamo, tutti gli uomini e le donne della giunta regionale alla vista di quasi trecento trattori parcheggiati nelle aree sottratte alla sosta delle auto si sono pavidamente dileguati. Passi che Latronico, Sileo e Casino – sempre presenti, specie il primo, quando c’è da tagliare qualche nastro inaugurale – non sapendo che dire si siano rintanati nei rispettivi Dipartimenti.
Ma teoricamente per la pregressa conoscenza dei problemi maturata negli anni in cui ha rivestito l’incarico di assessore all’Agricoltura, il vice presidente della giunta regionale, Francesco Fanelli, avrebbe potuto (e dovuto) interloquire con gli astanti. Se non altro per non farli imbufalire, più di quanto non lo fossero a causa delle promesse fatte e non mantenute da almeno due anni a questa parte dall’attuale governo lucano.
Lo stesso esecutivo – si badi bene – che da un lato si appresta a concedere un bonus acqua di 10 euro al mese (nel migliore dei casi) a 70 mila famiglie lucane. E dall’altro non è stato in grado di trovare 3 milioni di euro nel 2023 per evitare che, a partire dallo scorso anno, sulle 40 mila aziende agricole della Basilicata gravasse l’aumento del 20 per cento dei canoni idrici stabilito dai vertici del Consorzio di Bonifica, a seguito di un voto unanime espresso dall’assemblea dei soci. Coldiretti e Cia compresi.
Non scopriamo nulla di nuovo. Ma vale la pena ripeterlo.
L’effetto collaterale della politica dei «bonus» a pioggia di cui la giunta Bardi continua a menare vanto, è proprio quello di non avere al momento opportuno pochi “spiccioli” – se così si può dire – per le attività produttive. Le quali anziché essere incentivate vengono addirittura penalizzate.
A nostra memoria, infatti, non era mai accaduto che le poste del bilancio corrente del settore agricolo avessero saldo zero, come è accaduto negli anni del governo Bardi. Parliamo dei capitoli di spesa alimentati dalle risorse proprie della Regione. Quelle rivenienti dalle royalty del petrolio, per intenderci. Che nelle passate legislature, per esempio, servivano a rimborsare, tra l’altro, i danni provocati alle colture dalla fauna selvatica. In soldoni: 5-6 milioni di euro all’anno di mancate produzioni addebitabili ai soli cinghiali. Danni che da almeno un triennio non vengono ristorati agli aventi diritto. Così come non un euro è stato speso per abbattere i costi di gasolio e sementi o per finanziare i Consorzi fidi allo scopo di alleggerire il peso degli interessi bancari sui prestiti agricoli.
Viceversa, per il 2023 e 2024 solo per il cosiddetto «gas gratis», che poi gratis non è, come evidenziato proprio giovedì scorso dal presidente dell’Adoc, Canio D’Andrea, sono stati iscritti in bilancio 200 milioni di euro.
Di cui 90 milioni già spesi per il primo anno, in gran parte a beneficio di quelle stesse compagnie petrolifere che con una mano danno e con l’altra prendono. Senza che né a Bardi o all’assessore Latronico sia mai venuto in mente di finanziare (buttiamo lì) 200 comunità energetiche rinnovabili, con parchi fotovoltaici da un milione di euro cadauno in tutti i 131 Comuni della Basilicata, in modo da garantire alle famiglie lucane uno sconto in bolletta per sempre. E non per un paio d’anni soltanto. Precisiamolo: l’unico bando regionale finora pubblicato a favore delle Comunità energetiche rinnovabili (Cer) ha previsto una dotazione finanziaria di 1,3 milioni di euro. Meno di 10 mila euro a Comune. Una presa in giro, per dirla con Ali Basilicata: l’associazione delle autonomie locali.
Ma torniamo al popolo dei trattori e alla figuraccia rimediata da Bardi e Galella, costretti a rientrare in tutta fretta da Roma e Berlino per incontrare venerdì mattina la delegazione di agricoltori rimasta a presidiare il palazzo, dopo aver trascorso la notte intorno ai bivacchi allestiti ai bordi della strada.
Piccolo inciso. Dopo aver impiegato una giornata nella capitale a parlare del problema che più lo angoscia in queste ore (e cioè della propria ricandidatura), il governatore lucano ha fatto ritorno a Potenza nella serata di giovedì. Ma anziché recarsi subito in via Verrastro, per rassicurare i manifestanti e risparmiare loro una notte all’addiaccio, il generale s’è fatto accompagnare a casa. Per infilarsi sotto le coperte. Dormire tranquillamente. Fare colazione con calma il mattino successivo. E presentarsi poco prima di mezzogiorno all’appuntamento impostogli obtorto collo dalla piazza vociante, nel frattempo intrattenuta, sin dalle ore 11, dal giovane assessore all’Agricoltura, reduce a sua volta dalla Fruit Logistica. Oltre che (immaginiamo) da una rapida escursione, in veste di turista, alla Porta di Brandeburgo e alla vicina Potsdamer Platz: tappa d’obbligo per chiunque arrivi nella capitale tedesca.
Non siamo mai stati teneri con Alessandro Galella. Specie da quando egli si sta allenando a fare il candidato sindaco di Potenza. Col risultato di utilizzare nel peggiore dei modi l’innata verve ultrà che si ritrova, alimentando l’odio campanilistico ora contro Matera, ora ai danni di Melfi, quando invece bisognerebbe cercare di unire questa regione, già di per sé spappolata. In questa circostanza, però, il giovane fratellino d’Italia ci sta facendo tenerezza, per come è stato mandato allo sbaraglio.
Perché pur avendo capito che Bardi gli ha lasciato il cerino acceso in mano, non potendo disporre di un euro in un bilancio ingessato dalla politica dei «bonus», l’assessore all’Agricoltura ha già annunciato che l’aumento dei canoni idrici disposto dal Consorzio di Bonifica non ci sarà.
Salvo vedere dove prenderà i 6 milioni di euro per il biennio 2023-2024 da dare subito all’amministratore dell’ente consortile Giuseppe Musacchio, se si vuole che quest’ultimo revochi ad horas la delibera sui canoni idrici. Lo capiremo (forse) in occasione del consiglio regionale di domani, martedì. E ancor più nella riunione del tavolo tecnico di mercoledì, fissata con una delegazione del popolo dei trattori. Sempre che il presidente della Regione si presenti. E non decida invece di defilarsi, come è accaduto nell’ultima seduta del parlamentino lucano, quando dalle parole bisogna passare ai fatti.
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