Il combinato disposto rappresentato dalla mancata elezione di Marcello Pittella al Parlamento europeo, da un lato, e dal ballottaggio tra Francesco Fanelli e Vincenzo Telesca al Comune di Potenza, dall’altro, rappresenta una miscela esplosiva in grado di far saltare i fragili equilibri che poco più di un mese fa hanno consentito al generale Bardi di riconquistare la guida della Regione Basilicata.
Partiamo da Pittella.
L’innegabile successo personale conseguito dal leader di Azione in Basilicata testimonia, per intanto, la capacità di uno degli ultimi cavalli di razza della Prima Repubblica di non darsi mai per sconfitto. E di avere anzi la forza di affrontare e vincere anche le sfide più difficili. Come quella di conquistare consensi al di fuori dei confini tradizionalmente riconducibili al bacino elettorale familiare, coltivato dal padre, prima, e dal fratello, poi.
Con i suoi quasi 33 mila voti ottenuti nell’intera circoscrizione meridionale (di cui 16 mila in Basilicata), Marcello Pittella è riuscito non solo nella non facile impresa di essere il primo degli eletti di Azione, surclassando di moltissimo i leader nazionali del proprio partito presenti con lui in lista: da Carlo Calenda ad Elena Bonetti. Ma, a differenza di ciò che è avvenuto in altre aree del Paese, dove il quorum non è stato raggiunto, Azione ha superato nelle regioni del Sud la soglia di sbarramento del 4 per cento, facendo di Marcello Pittella una figura di spicco a livello romano. Tale da mettere in ombra lo stesso segretario nazionale: un personaggio poco empatico, logorato dalle trite diatribe che lo hanno portato alla rottura politica con il fratello gemello di Italia Viva, Matteo Renzi.
Non vogliamo fare della fantapolitica.
Ma essendo stati – a suo tempo – testimoni diretti del buon rapporto personale tra Renzi e Pittella, quando il primo guidava il governo del Paese e il secondo quello della Regione Basilicata, siamo inclini a pensare che una eventuale leadership di Azione affidata all’uomo forte del partito lucano potrebbe favorire la ripresa del dialogo con Italia Viva, ponendo le basi per ricostruire quel terzo polo centrista messo in piedi da Calenda e Renzi, prima che l’operazione fallisse per l’incompatibilità caratteriale tra i due.
Corriamo troppo nel prefigurare un ruolo nazionale per Marcello Pittella alla testa di Azione? Forse.
Ma non dimentichiamo che il fratello Gianni è stato ad un passo dal diventare segretario nazionale del Pd, quando il Partito democratico era molto più forte e strutturato di quello attuale. Questo per dire che la famiglia di Lauria, sin dai tempi di “don Mimì” padre, non si è mai limitata a coltivare l’orticello di casa.
Seconda considerazione: forte dei 16 mila voti racimolati tra Potenza e Matera – che ne hanno fatto il terzo tra i più eletti in Basilicata, alle spalle di Meloni e Decaro – Pittella farà provare il brivido del «tagadà» (una giostra da mal di mare non consigliata agli anziani) tanto al generale Bardi quanto ai neo alleati di Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia non appena il governatore rieletto si deciderà a nominare i primi cinque assessori di questa nuova legislatura.
Non a caso, pur sapendo di violare una precisa norma statutaria, qual è quella che gli assegnava dieci giorni di tempo, dalla proclamazione degli eletti, per individuare i suoi più stretti collaboratori di governo, il capo dell’esecutivo ha volutamente rinviato a dopo le Europee (e ora probabilmente a dopo il ballottaggio di Potenza) la definizione degli assetti di giunta.
Sotto sotto – possiamo dirlo – Bardi, pur essendo di Forza Italia, deve aver tifato per Pittella.
Il cui trasferimento nel Parlamento di Strasburgo gli avrebbe evitato, da un lato, l’imbarazzo di doversi confrontare quotidianamente con un predecessore politicamente ingombrante. E, dall’altro, lo avrebbe messo in condizione di risolvere il non meno angosciante problema della «quota rosa» in giunta, visto che la prima dei non eletti in provincia di Potenza, tra le fila di Azione, è Anna Laino di Maratea. Con Aurelio Pace pronto a subentrare in Consiglio, nel momento in cui la compagna di partito entrasse a far parte della squadra di governo.
Invece, al generale di Filiano è andata veramente male. Perché non solo Marcello Pittella non si è tolto di mezzo. Ma forte del successo conseguito alle Europee, l’ultimo governatore di centrosinistra potrà sbattere i pugni sul tavolo in modo ancora più forte di prima. In specie quando si tratterà di definire la guida del Dipartimento Salute che il leader di Azione non ha mai fatto mistero di voler reclamare per sé. Vedremo.
Caso Potenza.
La mancata elezione di Francesco Fanelli al primo turno, a dispetto degli ottimistici exit poll commissionati dalla Rai, che qualcuno, banditescamente, s’era premurato di diffondere in rete ad urne ancora aperte, violando la legge sul silenzio elettorale (a proposito: qualcuno indagherà?), costringerà Vito Bardi a procrastinare di almeno 15 giorni, se non di più, la nomina degli assessori.
Ovviamente, parliamo di un doppio schiaffo inferto alle leggi e al rispetto del voto dei potentini. Il primo, posto in essere dal presidente della Regione, che continuerà a fare carta straccia della nostra Magna Charta, rinviando nel tempo un adempimento che si sarebbe dovuto concludere, come detto, entro lo scorso 3 giugno. Il secondo, attribuibile al candidato sindaco del centrodestra, Francesco Fanelli. Il quale – per quanto sollecitato nel corso dell’intervista concessa alla “Nuova Tv” durante la lunga diretta elettorale di ieri l’altro, condotta nel nuovo studio di viale Marconi da Celestino Benedetto e Fabrizio Di Vito – non ha sciolto il nodo sul proprio futuro politico.
Nel senso che Fanelli non ha chiarito cosa farà in caso di sconfitta al ballottaggio del 23 giugno prossimo per mano di Vincenzo Telesca.
Resterà in Consiglio comunale, come sarebbe tenuto a fare, in veste di capo dell’opposizione? Oppure, come crediamo, se ne tornerà comodamente in via Verrastro, a ricoprire il ruolo di consigliere regionale “supplente”, e a guadagnare di più, prendendo il posto di Pasquale Pepe, qualora quest’ultimo fosse nominato assessore in seno alla giunta Bardi?
La domanda meriterebbe una risposta, prima del nuovo appuntamento elettorale di fine mese. Se non altro per consentire ai cittadini di valutare, anche da questo punto di vista, la serietà e l’affidabilità dei due candidati che si contenderanno la poltrona di primo cittadino nel capoluogo di regione.
Nino Grasso
Leggi anche: