Il punto di vista di Nino Grasso – Quando il rispetto delle norme diventa un optional, una Regione ridotta a “caravanserraglio”

Il punto di vista di Nino Grasso
Il presidente della Regione Basilicata, Vito Bardi, che a distanza di 10 giorni dalla scadenza del termine assegnatogli, non ha ancora nominato la Giunta. Ma il rispetto delle norme è ormai un optional.
Il presidente della Regione Basilicata, Vito Bardi, che a distanza di 10 giorni dalla scadenza del termine assegnatogli, non ha ancora nominato la Giunta. Ma il rispetto delle norme è ormai un optional.

Spiace dirlo, perché parliamo della massima Istituzione democratica lucana. Ma dopo aver assistito ieri all’ennesimo strappo statutario, consumato nell’aula Dinardo, a Potenza, per mano di una maggioranza di centrodestra pronta a violare regole e consuetudini di buon governo che per oltre 50 anni mai nessuno s’era azzardato a mettere in discussione, viene da paragonare la Regione Basilicata di oggi ad una sorta di «caravanserraglio».

Un luogo di grande confusione e disordine.

Dove ognuno fa quello che gli pare. Interpretando le norme a proprio uso e consumo. Per di più, avendo la faccia tosta di attribuire ad un principio di presunta «responsabilità» (sic!) quella che è semplicemente una sfacciata forma di arroganza, improntata al principio della «rana bollita». Vale a dire: cucinare a fuoco lento un popolo-zombie. Come direbbe il filosofo Chomsky. Un popolo abituato ad accettare in modo passivo il degrado, l’oppressione e la scomparsa di ogni valore etico. Senza schizzare fuori dall’acqua come farebbe una rana avvertita (in questo caso con un popolo pronto a reagire nei modi dovuti ai soprusi della maggioranza), prima che sia troppo tardi.

Non stiamo esagerando: ieri – e lo diciamo con profonda amarezza – si è toccato veramente il fondo.

Non solo perché è stata la prima volta, dal 1970 ad oggi, nella quale il Consiglio regionale, nella sua seduta di insediamento, non è stato messo nelle condizioni di eleggere l’Ufficio di Presidenza, nel solco di una storia ultradecennale improntata al rispetto delle scadenze statutarie. E come lo stesso generale Bardi, con la sua maggioranza di centrodestra di allora, fece il 6 maggio del 2019, con la nomina a scrutinio segreto di Carmine Cicala a capo del parlamentino lucano.

La cosa grave – ripetiamo – è che si è voluto far passare come un atto di presunta «responsabilità» politica il rinvio al giorno 26, e quindi a dopo il voto di ballottaggio del 23 e 24 giugno al Comune di Potenza, la definizione degli assetti istituzionali della massima Assemblea elettiva lucana.

La quale, di conseguenza, non avrà gli strumenti e le sedi necessarie – a partire dalle competenti commissioni consiliari – per iniziare a lavorare. Pur in presenza di emergenze sociali che meriterebbero risposte immediate. Da quella sanitaria, esplosa con il maxi “buco” di 50 milioni di euro nei conti di Asp, Asm e “San Carlo” di Potenza, a quella del trasporto su gomma, a seguito della gara andata deserta per i lotti del servizio extra-urbano. Il che comporterà, probabilmente, maggiori oneri a carico della Regione, nel momento in cui occorrerà affidare in proroga (con quali soldi?) un’attività considerata poco appetibile dagli attuali gestori, e non solo.

Ovviamente, il rinvio della elezione dell’Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale è la diretta conseguenza della mancata nomina degli assessori della giunta Bardi.

Frutto, anche in questo caso, di una violazione statutaria, accettata senza colpo ferire. Come se fosse la cosa più normale di questo mondo. Ed anzi addirittura «difesa» (chi l’avrebbe mai detto?) dall’ultimo governatore di centrosinistra, Marcello Pittella, che pure, a fine dicembre 2013, quasi alla vigilia del capodanno 2014, si fece un punto di onore (oltre che di un preciso messaggio politico rivolto al proprio partito di allora: il Pd) di non andare oltre il termine dei dieci giorni assegnatogli dalla nostra Magna Charta per definire gli assetti della sua prima giunta composta tutta da esterni.

Sinceramente, quindi, abbiamo fatto fatica a cogliere una certa coerenza logica, prima ancora che politica, nel ragionamento di Marcello Pittella.

A meno di non inquadrare il suo intervento di ieri in una precisa strategia politica. Volta a conquistare, attraverso una rocambolesca difesa d’ufficio del generale Bardi, una patente di maggiore affidabilità agli occhi dei nuovi alleati di Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia. Tra i quali, di certo, non mancano elementi più sospettosi di altri sull’ingombrante compagno di squadra, leader di Azione in Basilicata, sempre pronto a reclamare – come fatto anche ieri in aula – il proprio, determinante ruolo nella vittoria conseguita dal centrodestra lucano nelle elezioni del 21 e 22 aprile scorsi.

Sempre a proposito, poi, della Regione “caravanserraglio” dove ognuno, come dicevamo all’inizio, fa quello che gli pare, va segnalata l’umiliante “comparsata” dell’ex assessore all’Agricoltura, Alessandro Galella, di Fdi.

Il quale, non essendo stato rieletto in Consiglio (a differenza dei “colleghi” Latronico e Casino, regolarmente seduti tra i banchi riservati ai «peones») è andato ad accomodarsi per una mezz’ora accanto al generale Bardi, sugli scranni riservati alla giunta. Sino a quando il consigliere del Pd, Roberto Cifarelli, cogliendolo in castagna, gli ha chiesto: scusi, ma lei cosa ci fa lì? Con conseguente, immediato abbandono della postazione da parte del “fratellino” abusivo.

Avremo modo di ritornare su questa imbarazzante figuraccia del Galella ex assessore, figlia di una interpretazione alquanto ardita della cosiddetta «prorogatio» fatta dagli uffici di stretta collaborazione di Bardi. E causa – a nostro modesto avviso – di un evidente danno erariale, per gli stipendi pagati impropriamente, a partire dallo scorso 24 maggio, giorno di proclamazione degli eletti da parte della Corte di Appello, ad ex esponenti di giunta e ai loro collaboratori di segreteria.

Concludiamo con una nota di “colore”, in linea col clima da «caravanserraglio» appena ricordato.

Chiamato a dare conto di un comunicato stampa nel quale, ieri l’altro, si annunciava l’apertura del nuovo anno scolastico per il 16 settembre, in assenza di un doveroso atto di giunta, necessario in casi come questo, l’ex assessore Michele Casino, intervenendo dai banchi del Consiglio, è apparso “sorpreso” che qualcuno gli chiedesse conto di un atto irritualmente adottato a sua sola firma. E del resto, come dargli torto? In un Ente dove il rispetto delle norme è diventato un optional di cui fare tranquillamente a meno, vuoi vedere che un ex assessore in prorogatio non possa decidere, di sua sponte, senza dar conto a nessuno, di aprire le scuole con qualche giorno di ritardo? Così giusto per fare un «favore» agli amici di asso-turismo che glielo hanno chiesto.

Nino Grasso

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