Matera 2019, la Venezia attacca: “Una legittima delusione”

POTENZA- Mariolina Venezia è nata a Matera, ma ha vissuto i primi anni a Grottole, un paesino lucano che sorge tra calanchi, terre spaccate e arse dal sole, strade polverose e solitarie. Passa l’adolescenza tra la Puglia e la Basilicata. Si trasferisce a Bologna, poi in Francia, a Parigi e successivamente a Roma. Con il romanzo d’esordio “Mille anni che sto qui” (Einaudi 2006), nonostante le polemiche di chi le preferiva “Donne informate sui fatti”, di Carlo Fruttero, vince il Premio Campiello 2007. E’ un romanzo che racconta le vicende di una famiglia lucana dall’Unità d’Italia fino alla caduta del muro di Berlino dove si susseguono suggestioni che la critica ha paragonato al realismo magico di García Márquez. Ha pubblicato diverse raccolte di poesie, senza interrompere la sua produzione letteraria, che è proseguita con altri importanti romanzi. E’ autrice di sceneggiature per fiction Rai e Mediaset tra cui Don Matteo, Butta la luna, La Squadra ed altre serie tv. Nel 2009 si cimenta con il genere del giallo, pubblicando per Einaudi “Come piante tra i sassi”, ambientato a Matera. Segue il romanzo ”Da Dove Viene il vento” e ”Maltempo”, che ha come protagonista Imma Tataranni, la stessa PM conosciuta in ”Come piante tra i sassi”.
L’esigenza di non perdere il senso ed i sentimenti di identità collettiva: questo ho ritrovato nel tuo libro con cui hai vinto il premio Campiello nel 2007. Un grido, un’affermazione o cosa? “Questo non lo so. Quello che posso dire è che in «Mille anni che sto qui» ci si interroga sull’identità. D’altronde, interrogarsi sull’identità è quello che ho fatto un po’ attraverso tutti i miei libri. Sono le donne che proseguono la discendenza e tramandano i ricordi delle generazioni precedenti a quelle più giovani; una voce collettiva come un’eco lontana che la accompagna sussurrando di vecchie signore instancabili e ostinate, troppo loquaci o stranamente silenziose, sognatrici e vendicative e tutte irrimediabilmente affette da un umorismo tagliente e paradossale. Anche in «Da dove viene il vento» che è uno dei pochi che non si svolge in Basilicata racconto sentimenti, dolori, perdite, abbandoni. Il trauma dei tempi osceni che viviamo, come pure la poesia di tradizioni e riti di terre lontane”.

 

L’intervista integrale sull’edizione cartacea de “La Nuova del Sud”

di Mariano Paturzo